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Marcell Jacobs, parla l'allenatore Paolo Camossi: "Quando è alla frutta va in un angolino a vomitare"

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Marcell Jacobs ha portato a casa l'oro alle Olimpiadi di Tokyo 2020, ma non senza fatica. A raccontare il tosto allenamento quotidiano è Paolo Camossi, dal 2015 allenatore dell'atleta azzurro nonché ex campione mondiale di salto triplo. Ogni giorno i due dedicano tre ore agli allenamenti. Per la precisione sono due gli allenamenti giornalieri e a raccontarli ci pensa il Corriere della Sera: Jacobs - si legge - storce il naso solo quando coach Camossi gli chiede di "sciacquare le gambe", ovvero di "fare 10 o 12 volte 120 metri all'80 per cento delle sue possibilità (in circa 13", ndr), un allenamento atroce che piazziamo una volta ogni dieci giorni e che gioca un ruolo molto importante. Un tempo cercava scuse per saltarlo, adesso quasi mi chiede lui di metterlo nel menù".

 

 

Poi l'ammissione per dimostrare che anche i più forti qualche debolezza ce l'hanno: "E quando è alla frutta, invece di arrendersi, va in un angolino a vomitare e torna subito in pista". "Ci trasciniamo dietro un sacco di materiale - spiega l'allenatore - e altro ce ne servirebbe: un verricello che lo faccia correre contro resistenza, ad esempio. Magari adesso lo troveremo ma non dimenticherò mai che la prima pressa su cui Marcell faceva esercizi era una panchina dove avevo montato le rotelle di un carrello per la spesa".

 

 

I tempi sono cambiati anche se Camossi, alla tecnologia, preferisce sempre gli occhi: "Durante ogni esercizio - racconta - lo seguo con gli occhi tenendo il telefonino in mano per registrare il video. Cerco le andature giuste ma cerco anche segnali di allarme. Se un piede appoggia in modo strano potrebbe esserci un problema da prevenire: quando un atleta si infortuna, come lui a Rieti due mesi fa, è sempre colpa dell'allenatore che non l'ha protetto. Attorno a Marcell adesso c'è uno staff che - dal vivo o in video - è pronto a intervenire". Questa la ricetta che ha portato l'atleta a vincere i Giochi olimpici. Alla faccia delle malelingue americane che già tiravano in ballo il doping. 

 

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