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Marcell Jacobs, non solo i milioni di euro: spunta anche la Ferrari. Vita "ribaltata", le indiscrezioni dopo il trionfo

Claudio Savelli
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Se a Tokyo sono arrivati i migliori risultati della storia italiana dopo mesi di lotta intestina (i precedenti governi cercavano di ridimensionare il Coni e "statalizzare" lo sport), chissà cosa potrebbe diventare Parigi 2024 con una controriforma definitiva e un'indipendenza garantita a Giovanni Malagò. L'auspicio è che «il Coni ora possa occuparsi solo di sport». L'Italia sarebbe capace di proporre più Marcell Jacobs, la sorpresa più luminosa anche perché figlia della buona relazione Coni-Fidal-staff-atleta. Mentre si cercano e allevano i prossimi Jacobs, la struttura che ha "creato" il vero Jacobs dovrà essere capace di proteggerlo per non sperperarne il talento. È un tuffo nell'ignoto, nell'inedito, nell'inatteso. Marcello Magnani, agente del 26enne olimpionico nei 100 e nella 4x100, quantifica infatti il vertiginoso cambio di vita del suo assistito: «Guadagnerà tra i 2,5 e i 3 milioni di dollari a stagione». Ecco che lo stipendio garantito dalle Fiamme Oro, prima fondamentale, diventa pressoché irrilevante.

 

 

 

Ingaggi ai meeting

«Si può arrivare ad un ingaggio di 150mila dollari (127mila euro, ndr) per una sola gara sui 100 del circuito di Diamond League». Discorso valido per i prossimi meeting di Eugene, Losanna, Parigi, Bruxelles e Zurigo. Se ogni atleta lotta per parteciparvi, un campione olimpico ribalta invece il rapporto: gli viene chiesto di partecipare a suon di quattrini. E se dovessero esserci gli altri finalisti di Tokyo e si apparecchiasse la rivincita, la postasi alzerebbe: «L'ingaggio è sempre proporzionale al cast». E così, Magnani spiega il «bellissimo» problema: gestire il passaggio da atleta a divo. Il siparietto sull'aereo Alitalia che da Tokyo ha riportato gli azzurri a Roma, con il comandante che chiede a Jacobs «puoi correre più veloce di questo aereo? Organizziamo una sfida» è un doveroso spot pubblicitario ma è più utile ad Alitalia che a Jacobs. Gli sponsor ora sgomitano e distraggono: quelli vecchi hanno già concesso bonus, come Nike che ha offerto un extra da 100mila euro per tenersi stretto il suo atleta improvvisamente di punta ed è pronta a rivedere il contratto da 850mila euro annui, mentre quelli nuovi sono in coda. «Produttrici di occhiali, Parmigiano Reggiano e pure Ferrari, ma non c'è fretta»: intanto però accetta l'invito di John Elkann (leggi la Ferrari) e della Formula 1 (con Stefano Domenicali in testa) di essere a Monza con i compagni di staffetta («fatemi girare dentro una F1, per favore, ho visto qualcuno che l'ha fatto con Leclerc dentro una Ferrari biposto») e all'arrivo a Fiumicino, assalito da giornalisti, parenti e fan, ringrazia «Bolt per le belle parole nell'intervista», scansa le critiche degli americani perché «arrivano da giornalisti che non conoscono questo sport» e sottolinea che «l'asticella ora si alza e serve tenere i piedi per terra». Pensando già al 9"79. L'atteggiamento pare giusto. Così Jacobs ricorda che non sono tutti come lui, ma è fondamentale pensare che tutti gli atleti azzurri di talento possano diventarlo, se ben seguiti. Molti dei medagliati azzurri, anche d'oro, non riceveranno lo stesso trattamento perché non praticano sport mainstream: si prenda Vito Dell'Aquila, nonostante il suo oro nel taekwondo vivrà di stipendio. Però appartiene ad una Federazione, la Fita, che nel 2019 è stata premiata come la migliore al mondo perché scova i talenti, li porta all'Acqua Acetosa a Roma (al momento sono in 8) e li fa studiare e allenare con i migliori maestri. Sia da esempio. Per il resto sarà decisiva l'attenzione allo sport di base, cioè agli atleti del futuro. Lì ci sono nuovi Jacobs. 

 

 

 

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