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Peng Shuai, "pronti a fermare tutti i tornei": tennista sparita in Cina, una mossa estrema?

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Shuai Peng

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Il caso di Peng Shuai continua a essere discusso. Nei giorni scorsi era arrivata la notizia della mail inviata a firma dell’ex tennista cinese alla Wta, che però ha lasciato molti dubbi all’associazione internazionale sulla sua effettiva validità. Mentre della sportiva — che ha denunciato poco tempo fa di essere stata aggredita sessualmente dall'ex vice premier cinese, Zhang Gaoli — non si hanno più notizie da giorni. Così la Women’s Tennis Association, che riunisce le giocatrici professioniste di tennis di tutto il mondo, è pronta a fermare tutti i suoi tornei in programma in Cina, se non sarà fatta luce sulle sorti della Shuai.

 

 

Il Ceo Wta, Simon, avverte la Cina
Lo ha sottolineato l'amministratore delegato della Wta, Steve Simon, in un'intervista alla Cnn, mettendo in dubbio lo svolgimento dei 10 eventi in programma in Cina nel 2022 per un valore di decine di milioni di dollari. "Siamo a un bivio del nostro rapporto con la Cina e della nostra attività là", ha detto il Ceo, dopo la pubblicazione della email attribuita alla stessa Peng, in cui l'ex star cinese spiega di “stare bene” e che “le sue accuse non sono vere’’. Testo al quale, però, non crede nessuno: “Ho difficoltà a credere che Peng Shuai abbia effettivamente scritto l'email che abbiamo ricevuto o a credere a ciò che le viene attribuito", ha detto Simon, dicendosi pronto a fermare "la nostra attività" in Cina e "ad affrontare tutte le complicazioni che ne derivano perché questo è certamente più importante del business".

 

 

Le accuse contro il vicepremier lanciate su Weibo
La denuncia dell’ex tennista cinese contro l’ex vice premier Zhang Gaoli, ritiratosi dalla politica nel 2018, era arrivata dall'account Weibo della tennista, censurato nel giro di pochi minuti, ma non prima che gli utenti del social network più popolare in Cina avessero iniziato a commentare le accuse: "Questo è esattamente il motivo per cui il movimento femminista è visto come una minaccia al governo comunista", aveva poi commentato Leta Hong Fincher, autrice del saggio 'Betraying Big Brother' sul femminismo in Cina, citata dal Washington Post.

 

 

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