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Addio Maurizio Zamparini, il grande mangia-allenatori che non si è mai fatto odiare: il ritratto e i segreti

Leonardo Iannacci
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Passione, notevoli capacità imprenditoriali, un sano pragmatismo nella vita e l'irresistibile tentazione di indossare la maschera da cattivo hanno accompagnato l'esistenza di Maurizio Zamparini, friulano di Bagnaria Arsa, scomparso ieri a 80 anni. Un attacco di peritonite ha debilitato il fisico già malandato e la mente offuscata dall'improvviso malore che, nell'ottobre scorso, gli portò via il figlio Armando di soli 23 anni nella sua casa di Londra. L'ex caudillo del Palermo - prima era stato presidente anche di Pordenone e Venezia - lascia la moglie Laura Giordani e 4 figli: Silvana, Greta, Andrea e Diego. Z come Zamparini è stato il marchio che ha restituito Palermo al grande calcio del nuovo millennio, riaccendendo gli entusiasmi di un'intera città. 

 

Il presidente mangia-allenatori per eccellenza - più degli stessi Massimo Moratti e Massimo Cellino, dilettanti al confronto - vanta un record mondiale: dal 2002 al 2019, tanto è duratala sua reggenza del club palermitano, ha silurato qualcosa come 51 allenatori, una media di 3 per campionato. A Venezia, dove aveva guidato il club Venezia-Mestre dal 1987 al 2001, lanciando Recoba, si era limitato: 15 esoneri in 14 anni. In Sicilia, dove approdò in seguito alla vendita di 20 centri commerciali MZ (introitando 100 milioni), ha intensificato il ruolo di impallinatore: ne ha esonerati, ripresi e ricacciati con una voracità surreale. Nel 2013 è riuscito nell'impresa di mandar via e riprendere Gasperini. Nel 2015-2016 ha straripato: 9 in un solo anno. Un tourbillon quasi comico.  

Lo sapevano bene i mister che, su e giù dalla giostra, hanno sempre accettato di accomodarsi su quella panchina incandescente. Però, e questo è il fatto curioso, sono stati in pochi a riversare sentimenti avversi sul "pres". Tutti e 51 gli esonerati non hanno mai escluso il ritorno se ricevevano la mannaia del lunedì dopo una partita non necessariamente persa, visto che alcuni sono stati costretti a fare le valigie persino dopo un risultato positivo. Partita che magari non aveva neanche visto perché spesso non le guardava ma si faceva portare in giro attorno allo stadio dal suo autista e poi si faceva riferire. Riornavano, poi, alle sua dipendenze non per soldi ma per denaro? Non solo. Un fatto è certo: Zamparini è sempre stato perfetto nei pagamenti e diretto nei rapporti. A suo modo è stato un personaggio con la schiena diritta e con il quale anche noi giornalisti ci siamo alimentati, elzevirando non poco. 

 

Forse perché aveva carattere e possedeva talento nel fiutare calciatori bravi, potenziali assi. Il suo intuito, ben supportato da diesse bravi come Rino Foschi o Walter Sabatini, portò in Sicilia giovani divenuti campioni come Ilicic, Cavani, Dybala, futuri azzurri campioni del mondo o d'Europa come Toni, Barzagli, Grosso, Zaccardo, Barone, Belotti e Sirigu, e altri giocatori bravi (vedi tabella). Molti suoi ex allenatori, ieri, hanno ricordato il loro Saturno con stima, inerpicandosi al limite dell'affetto. Guidolin: «Per 6 giorni su 7, dal martedì alla domenica, era il presidente ideale. L'uomo? Leale». Delio Rossi, cacciato e ripreso a furor di popolo: «Mi chiamava a cena, a casa sua, per sgridarmi. Ma lo ricordo come uno bravo». Baldini, attuale allenatore del Palermo in C: «Mi ferì qualche volta. Ma gli dedicheremo la vittoria nel prossimo derby contro il Messina». Mangia: «A lui devo molto». Iachini: «Un grande uomo, un grande presidente». 

Affetto e belle parole anche da tutto il mondo del calcio, dallo stesso Sabatini a Cairo, da Galliani a tutti gli altri club di serie A. In serata Dybala ha abbracciato Zamparini su Instagram: «Sei stato il primo a credere in me. Grazie dal tuo picciriddu». In questo calcio dominato da presidenti stranieri che vanno e vengono, da fondi misteriosi, da sinistri personaggi, da proprietari finti, uno vero come Zamparini mancherà. Eccome.

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