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Milan e Inter, due stadi diversi: perché l'arrivo degli arabi in rossonero stravolge tutti i piani

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Federico Strumolo
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Ci sono un americano, un arabo e uno stadio di mezzo. L'anticipazione di venerdì su L'Equipe, infatti, in poche ore si è trasformata in una certezza: il fondo mediorientale Investcorp, con sede in Bahrain, ha messo sul piatto un miliardo di euro per rilevare il Milan. Un'offerta, importantissima, che avrebbe convinto gli americani del fondo Elliott a passare la mano dopo quasi quattro annidi (ottima) gestione (subentrando alla disastrosa parentesi cinese con Yonghong Li al timone). Le contrattazioni per il passaggio di proprietà del pacchetto di maggioranza del Milan sarebbero iniziate verso metà marzo, con un'accelerata negli ultimi giorni. E a suonare come una conferma dell'affare è il tweet di ieri mattina nientemeno che di Mohammed Al Ardhi, presidente operativo proprio di Investcorp. «Congratulazioni al Milan per essere tornato in testa al campionato. Buona Pasqua al club e ai suoi tifosi».

 

 

 

NESSUNA SMENTITA

E se non può essere considerato un annuncio ufficiale, quello di Al Ardhi, ci sarà concesso dire che rappresenti una pesante uscita allo scoperto dei nuovi potenziali investitori, che segue la non smentita di venerdì di Elliott (che già di sé è una notizia), oltre alle parole sibilline del direttore tecnico rossonero Paolo Maldini prima della gara vinta 2-0 sul Genoa («È normale che nel futuro del Milan ci possa essere anche una vendita, ma non so quando sarà quel momento»). Detto della trattativa in stato avanzato e dell'accordo di massima sulla valutazione del club, quello che manca per la fumata bianca è qualche certezza in più sulla questione stadio. Il fondo del Bahrain, infatti, pone come condizione per firmare il closing (atteso per maggio) la sicurezza di poter contare su un impianto di proprietà. Giustificando, quindi, anche l'alta valutazione stimata, per un club che è tornato in Champions League solo in questa stagione e ha vissuto parecchie vicissitudini negli ultimi anni (sarebbe la quarta proprietà differente per il Diavolo dal 2017 ad oggi). Lo scenario che sta prendendo piede, allora, è quello di una separazione dall'Inter, con il Milan che costruirebbe un nuovo stadio in autonomia, mentre i nerazzurri resterebbero a San Siro. Ristrutturandolo e non abbattendolo, per rendere l'operazione più sostenibile- anche perché i conti interisti non sono esattamente in ordine (non è affatto un segreto che Zhang cerchi soci) - e far contento il sindaco Beppe Sala (il quale, sul tema, ha sempre preso tempo: che fosse a conoscenza di un possibile cambio di proprietà all'orizzonte?).

 

 

 

I rossoneri, dunque, dovrebbero traslocare in una nuova area, che potrebbe essere Sesto San Giovanni, ma non sono da escludere altre zone. A convincere la nuova proprietà, potrebbe essere anche la lentezza con cui sta nascendo il progetto del nuovo San Siro. Dato che rossoneri e nerazzurri stanno ancora ultimando lo studio di fattibilità da presentare in sede di confronto, che dovrebbe entrare nel vivo entro agosto, con il dibattito che non si concluderà prima della fine di novembre. E pensare che il progetto vincitore, la Cattedrale di Populous, veniva già ufficializzato il 21 dicembre 2021 (dopo aver vinto il testa a testa con gli Anelli di Manica-Sportium). È noto, in conclusione, quanto uno stadio di proprietà sia vitale per competere con i più grandi club a livello europeo, perché permette un sostanziale aumento dei ricavi (basti pensare che dal nuovo San Siro Milan e Inter stimano un guadagno di almeno 80 milioni di euro all'anno ciascuno). Per adesso, comunque, trattasi solamente di voci. Certezze sul destino della nuova casa rossonera non ce ne sono, a fare chiarezza potranno essere solo i protagonisti: un americano, un arabo e uno stadio che, in un modo o nell'altro, s' ha da fare. 

 

 

 

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