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Willy Gnonto, l'incredibile retroscena: dove si è rinchiuso e cosa ha fatto il giorno dopo il debutto

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L’uomo della Nazionale più chiacchierato da sabato a questa parte. Wilfried Gnonto con il suo assist vincente a Lorenzo Pellegrini, nell’1-1 contro la Germania dell’esordio in Nations League, sta facendo parlare di sé. Anche per come ha ‘festeggiato’ il giorno seguente all’esordio di Bologna nel gruppo del c.t. Roberto Mancini: nella sua camera a Coverciano, studiando matematica. Willy è “quello che ci mancava”, è stato definito così in un articolo su La Repubblica: esterno d'attacco, rapidità esplosiva e un'intelligenza veloce quanto lui, infilata in un metro e settanta di muscoli. “E questo dov' era?", il commento di un uomo dello staff azzurro dopo il primo giorno di stage: una furia in campo, simpatico e autoironico fuori.

 

 

Gnonto all’esame maturità a fine giugno

Il 22 giugno, intanto, Gnonto sarà tra le migliaia di ragazzi italiani alle prese con la maturità. Frequenta il liceo classico, ma lo fa a distanza: ha una passione per il latino, raccontano sia anche decisamente portato, e non voleva cambiare indirizzo di studi, col trasferimento in Svizzera. Sì, perché per giocare Willy è dovuto partire. Come avevano fatto 25 anni fa i genitori, lasciando la Costa d'Avorio in un giorno di fine secolo. Il primo ad arrivare in Italia fu papà Noel, poi raggiunto da mamma Chantal. Nato a Baveno, sul Lago Maggiore, e cresciuto giocando a pallone all’oratorio. Poi le giovanili dell’Inter a otto anni, chiedendo qualche anno dopo allo stesso Mancini una foto, quando il ‘Mancio’ era tornato per la seconda volta ad allenare l’Inter.

 

 

Per l’Italia un’occasione persa

Gnonto lo aveva fatto durante la cena di Natale della squadra nel 2015. Sette anni dopo Mancini lo ha fatto esordire in Nazionale contro la Germania, dopo aver lasciato l’Inter nel 2020, quando, a 16 anni, è finito allo Zurigo, che gli offriva il primo (buon) contratto, mentre a Milano non hanno voluto fare così. Un'occasione persa per l'Italia, dove le regole non valorizzano il talento: il Decreto crescita permette che un 20enne straniero costi il 25% in meno di un italiano. “In Serie C i giovani giocano, ma solo perché farli giocare dà accesso alla mutualità prevista dalla Legge Melandri: più minuti uguale più soldi — conclude così l’articolo su La Repubblica — Ma è una norma che non dà valore alla qualità: si può mettere in campo chiunque, anche chi paga per giocare, sperando poi di ottenere un contratto. Avrebbe più senso valorizzare con premi significativi, e non l'elemosina del minutaggio”.

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