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Rino Gattuso, il dramma: "Non ho più una vita. E mia moglie..."

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Il calcio, per Rino Gattuso, è una missione. A 44 anni, intervistato da AS, l'ex tecnico di Milan e Napoli oggi in Spagna, al Valencia, parla del suo modo di intendere il pallone, una passione che ne ha segnato l'esistenza fin da quando era un ragazzino aspirante calciatore, per poi portarlo sul tetto del mondo con la Nazionale e il Milan, In tutto, sono 30 anni di carriera tra campo e panchina. Di questi, oltre 20 trascorsi con la compagna e poi moglie Monica, dalla quale ha avuto due figli, Gabriela e Francesco.

 

 

 

"Tra allenare e giocare è più facile la seconda perché adesso io mi ritrovo a vivere il calcio pienamente e quando io penso al calcio tu non hai più una vita… Devo ringraziare mia moglie, non so davvero come faccia ad essere ancora con me", spiega tra il serio e il faceto Ringhio, che aveva conosciuto la donna della sua vita poco più che adolescente, da giovane promessa dei Rangers Glasgow. "Quando ho iniziato ad allenare ho chiamato subito Ancelotti e gli ho domandato come si fa… Per me è difficile: comincio alle 8:30 e torno a casa alle sette di sera. Poi a casa vado in bagno e mi viene in mente qualcosa, così lo scrivo su un pezzo di carta. Io vivo il mio lavoro, così. Dovrei cambiare, perché non puoi passare 18 o 19 ore a pensare al calcio… ma è il mio stile: lavorare e lavorare. Penso al calcio 24 ore, ho dedicato la mia vita al pallone".

Quindi le riflessioni più tecniche. Essere stato un grande calciatore l'ha aiutato forse all'inizio della sua seconda carriera, ma "per fare l'allenatore non basta, bisogna andare in campo e imparare. Ecco perché ho voluto iniziare da zero: io conoscevo il calcio, ma non ero preparato". Uno dei suoi maestri è stato Pep Guardiola: "Quando l'abbiamo incontrato col Milan loro giocavano un calcio verticale noi abbiamo solo corso per 90 minuti. Mi sono chiesto com'era possibile… poi ho parlato con Guardiola e non ho capito nulla per mesi finché ho visto il calcio in modo diverso rispetto a quando giocavo: mi piacciono i giocatori di qualità, un calcio pensato, funzionale che sa quando si deve pressare e quando andare in verticale".

 

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