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Gianluca Vialli, l'estate del 1990 in cui andò tutto storto e divenne uomo

Leonardo Iannacci
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Fu un’estate molto italiana quella del 1990, calcisticamente sfregiata dalla delusione di Napoli: Italia-Argentina 3-4 dopo i rigori, Diego in finale, azzurri spediti a Bari per la finalina con gli inglesi. Un terzo posto mondiale pieno di malinconia per quello che poteva essere ma non fu. Non certo l’estate sognata da Gianluca Vialli, all’epoca 26enne, il leader muscolare della Sampdoria (capo occulto era Mancini) e il fromboliere che tutti pensavano potesse essere nella nazionale di Vicini creata per vincere il titolo di Italia ’90. Gianni Brera aveva inventato per il cremonese Gianluca il soprannome di StradiVialli, accostandolo anche a un vino: “Vialli è come il Barbaresco, principe e non re che ha il pregio di avere spume più lievi, persino un po’ frivole in tanta austerità di corpo”.

Andò tutto storto, in qull’estate del 1990. Ci si misero di mezzo Maradona, Napoli e i napoletani e, soprattutto, un centrattacco siciliano che sfruttò il celebre quarto d’ora di gloria stile Andy Wharol: Schillaci. Totò rubò la scena e il posto a Vialli che inghiottì la delusione ripromettendosi di riscuotere con gli interessi quello che aveva perduto al tavolo verde di Italia ’90. E in quel momento il ragazzo scapigliato divenne uomo fatto.

 

“La vita è fatta per essere vissuta a 360 gradi. Devo concentrarmi soltanto su una cosa, a lottare e a pensare positivo”, disse mentre rifaceva le valigie a Marino, nell’hotel sede del ritiro di una nazionale che avrebbe dovuto vincere tutto e, invece, andò in vacanza con un misero bronzo. Fu allora che conoscemmo l’uomo Vialli, il principe elegante, la persona e non solo il personaggio, il guerriero che ha deposto ieri le armi in una clinica londinese, pianto da mamma Maria Teresa, dai fratelli, dalla sorella, dagli amici e da tutta l’Italia.

Gli interessi di quell’estate del 1990, il giovin Gianluca li ha poi intascati in un finale di carriera scintillante, simile all’inno alla gioia di Beethoven: coppa delle coppe e scudetto con la Samp — e che scudetto! — messo in banca dopo una formidabile vittoria per 2-0 contro il Milan di Sacchi. Mancini e StradiVialli i due principali cavalieri che fecero l’impresa. Dopo, nella Juventus, vinse un altro tricolore con Coppa dei Campioni annessa (l’ultima della Vecchia Signora), poi trofei e nuovi trionfi con la maglia del Chelsea, a Londra. Laddove lo StradiVialli ha suonato gli ultimi assoli diventando un Sir del calcio, trovando una bella moglie sudafricana, Cathryn White Cooper, ex modella e poi arredatrice di interni, dando alla luce Olivia e Sofia e trasformandosi in un uomo di (bel) mondo. 

Allenatore (anche del Eatford di Elton John con cui entró in contrasto), opinionista attento, Commendatore della Repubblica Italiana, uomo d’affari e viaggiatore del tempo, Vialli è diventato nel nuovo millennio un buon giocatore di golf e, con l’amico Massimo Mauro, ha dato vita alla “Fondazione Vialli e Mauro” che ha il compito di raccogliere fondi per la ricerca e la cura della SLA. Sempre in ebollizione, a Sky ha formato un’invidiabile coppia di commentatori con Pablito Rossi. Due tipi incorreggibili che facevano gol anche con il microfono in mano.

Un brutto giorno del 2017, però, la falce del destino è venuta a graffiare la porta di StradiVialli. Terribile la diagnosi: tumore al pancreas, grado di gravità altissimo. Gianluca si è operato subito: “Dopo l’intervento che mi ha salvato la vita ero così magro per la chemioterapia che mi vergognavo, così quando uscivo di casa arrotolavo un maglione in pancia per sembrare più in carne”. Il resto è cosa nota: giorni e mesi di speranza con parole che non ci saremmo mai aspettato anche se per uno nato il 9 di luglio, sotto il segno del Cancro, la sensibilità è il pane quotidiano: “La lezione che ho imparato di più? Una sola, semplice: ovvero, capiamo qual è l’importanza della vita, delle cose per le quali vale davvero la pena battersi e amare soltanto quando ci accorgiamo che stiamo per perderle. O le abbiamo giù perse”.

 

L’intermezzo agli Europei 2021, nelle vesti di animoso capo delegazione degli azzurri accanto al gemello di Samp Roberto Mancini, è stato il trionfale canto del cigno di StradiVialli. La sua coppoletta sfoggiata in panchina divenne una sorta di coperta di Linus durante quell’incredibile cavalcata azzurra. E l’abbraccio con il Mancio dopo la finale di Wembley un commovente manifesto all’amicizia. 
Di un mese fa, l’annuncio del ritorno della malattia e, di ieri, la terribile notizia: Vialli si è spento nella clinica londinese vicino alla sua bella abitazione di Belgravia, nosocomio nel quale era stato ricoverato sabato 17 dicembre. Ha vinto il tumore, ha perso Gianluca a soli 58 anni di età. Mentre il suo corpo stava per cedere al mostro, affrontando i tempi supplementari di una vita intensa, piena, gioiosa e giocosa, da autentico StradiVialli del calcio, l’uomo ha avuto il tempo di lasciarci questo sorprendente epitaffio scolpito nel marmo del dolore: “Ho paura di morire. Non so quando si spegnerà la luce nè cosa ci sarà dall’altra parte. Ma in un certo senso sono quasi eccitato dal poterlo scoprire”. 

Lo salutiamo tutti in piedi.  Applausi.  E lacrime di chi resta.

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