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Inter, "sono più forti": qui cambia tutto, ciò che nessuno dice

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Claudio Savelli
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L’Inter ha cambiato undici giocatori, un’intera formazione non fosse che tra questi sono compresi i tre portieri. In ogni caso, mezza rosa. E lo ha fatto in modo scientifico, salutandone uno e accogliendone un altro nello stesso ruolo, seguendo rigorosamente la teoria dei doppioni. Sono partiti i tre portieri, come detto, e ne sono arrivati altrettanti: via Onana, Handanovic e Cordaz e dentro Sommer, Audero e Di Gennaro. Grazie e arrivederci a due difensori (D’Ambrosio e Skriniar) e benvenuti Bisseck e, giovedì o venerdì, Pavard - ci si aspetta per oggi il via libera del Bayern, che vuole essere sicuro di avere il sostituto tra le mani.

A centrocampo sono partiti Brozovic e Gagliardini e sono subentrati Frattesi e un Sensi che conta i giorni di mercato che restano per non essere ceduto. Sugli esterni, Cuadrado e Carlos Augusto per Bellanova e Gosens. Davanti, Arnautovic e Thuram per Lukaku e Dzeko. Il dibattito se l’Inter sia più forte o meno rispetto all’anno scorso è aperto e la corrente del “meno” si appella al reparto offensivo, sostenendo che Lukaku e Dzeko non sono stati rimpiazzati adeguatamente, ma che l’Inter sia più completa è indubbio e lo ha già dimostrato contro il Monza, quando i panchinari hanno mantenuto, se non addirittura alzato, il livello. 

 



CAMPIONI FUTURI
In realtà, l’Inter non è solo più completa, è anche più forte. Ha rinunciato a campioni fatti e finiti (secondo Inzaghi, cinque erano tra i migliori nei rispettivi ruoli, e ha ragione) per inserire alcuni campioni potenziali, ma complessivamente ci guadagna subito. Forzando un undici contro undici, il risultato (soggettivo, ma non troppo) può essere sei a cinque in favore dei nuovi. E, di questi cinque, si valuta il presente perché non si conosce ancora il futuro: Bisseck, ad esempio, offre meno garanzie di D’Ambrosio ma ha dodici anni in meno, Frattesi non gioca nello stesso ruolo di Brozovic ma potrebbe diventare altrettanto importante tra qualche stagione così come Thuram rispetto a Lukaku, almeno per rispetto della maglia.
Forse solo il 34enne Sommer, per una questione anagrafica, non raggiungerà i livelli dell’Onana dello scorso anno e Arnautovic faticherà a raggiungere i picchi di Dzeko, ma sono giocatori dal rendimento sicuro e all’altezza dell’Inter.

Da non sottovalutare anche la ridistribuzione della leadership nella rosa. Metà dei giocatori che hanno salutato erano leader dello spogliatoio, chi per vissuto e chi per carisma. In parte il vuoto è colmato dall’arrivo di calciatori confezionati come Sommer e Cuadrado, ma per il resto le responsabilità verranno spalmate sui nuovi leader che negli ultimi anni sono cresciuti alle spalle dei totem: gli effetti su Lautaro e Barella, capitano e vice della nuova Inter, si vedono già, ma anche sugli italiani Bastoni e Dimarco, sulla generazione intermedia di Calhanoglu e Dumfries, sui “vecchi” Darmian e Mkhitaryan. È esattamente questo il processo che ha innescato il Napoli dello scudetto. Grazie alla rivoluzione estiva, l’Inter ha guadagnato tre anni e mezzo di vita. L’età media di chi è arrivato è pari a 27,9 anni, quella di chi è partito è di 31,4 anni. E risparmierà 16,8 milioni di ingaggi a stagione: gli stipendi annuali lordi dei nuovi sono infatti paria 43,8 milioni contro i 60,6 degli ex. L’Inter spenderà poco meno di quanto ha guadagnato in cartellini, quindi sta per chiudere un mercato autofinanziato, in più ha alleggerito il monte ingaggi di circa il 15%: due obiettivi raggiunti. Dal punto di vista gestionale e finanziario, una sessione di mercato simile è un capolavoro. Dal punto di vista tecnico, di sicuro la squadra ha perso valore nel presente ma ha un valore potenziale molto più alto nel futuro. Se però consideriamo che nel calcio contemporaneo conta più avere una rosa equilibrata tra titolari e riserve piuttosto che una sola formazione stellare, allora si può dire che questa Inter è migliore rispetto alla precedente. Fino a prova contraria.

 

 

 

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