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Inter, la magia di Simone Inzaghi: riposare... giocando

Claudio Savelli
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L’Inter è l’unica che riesce a riposarsi giocando. Le altre sono costrette a dare sempre il meglio, altrimenti rischiano di non portare a casa i risultati. Vedi il Milan che contro il Psg deve fare la partita dell’anno, la Lazio che fa la guerra, come ha detto Sarri, per strappare un 1-0 al Feyenoord, il Napoli che non appena abbassa i ritmi incassa l’1-1 da una squadra che più in crisi non si può, l’Union Berlino che arrivava da 12 sconfitte di fila, e poi non riesce a riaccendersi. L’Inter, invece, si gestisce. È l’unica a concedersi un largo turnover in Champions, come se fosse la competizione secondaria, e a preservare almeno in parte i capitani Lautaro e Barella, oltre a Dimarco, per il campionato.

I nerazzurri sono perfettamente consapevoli delle partite che giocano. Sembrano in grado di contestualizzarle all’interno della stagione e a calibrarle nel momento specifico. Sanno che una vittoria con il Salisburgo vale il pass agli ottavi di finale ma non il primo posto perché la Real Sociedad aveva già scherzato sul cadavere del Benfica. Avendo perso i portoghesi, sanno anche che la sfida con loro diventa più morbida, quindi che la cosa fondamentale diventa non perdere con il Salisburgo piuttosto che vincere, se è vero che così si tengono gli austriaci a distanza di sicurezza. Sa accontentarsi, l’Inter. E sa accettare l’intensità dell’avversaria. Porta rispetto agli altri anche se è consapevole della propria forza. Sa di essere superiore al Salisburgo ma non si fa problemi se questi attacca e gioca meglio per un tempo intero.

Sa di essere depotenziata, a destra ad esempio Darmian non garantisce la stessa spinta di Dumfries al momento, e davanti Sanchez tende a schiacciare troppo la squadra rispetto a Lautaro, quindi porta pazienza. Sa anche di essere stanca, si vede chiaramente in Mkhitaryan e Calhanoglu, imprecisi, e pure in Carlos Augusto nonostante giochi meno: lo scorso anno in questi casi perdeva le distanze, stavolta capita a inizio ripresa un paio di volte, non di più. L’Inter sente che non è serata di gloria quindi cerca di giocare elementare, semplice e rimanere compatta. Questo significa essere maturi. Il problema è la difficoltà a inserire Sanchez nel sistema. Gioca sempre spalle alla porta e a un tocco in più, il cileno, il contrario di quanto serve ad un flusso come quello nerazzurro.

Ma il piano di Inzaghi era trascinare lo 0-0 fino al 70’ e poi alzare il ritmo negli ultimi 20’, schierando i jolly Barella e Lautaro in faccia ad una squadra che, per caratteristiche di gioco, avrebbe di sicuro speso molto e che, essendo molto giovane, avrebbe potuto continuare a pressare, lasciando qualche spazio in difesa. Bingo. Succede esattamente ciò che il mago Inzaghi ha programmato. Lautaro proietta l’Inter verso l’area del Salisburgo, offre presenza e coglie una traversa. Barella dà ritmo e ottiene il rigore che l’argentino, in assenza di Calhanoglu, segna con freddezza e lucidità. L’Inter è lucida come il suo allenatore. La sua stagione finora è praticamente perfetta.

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