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La piccola tifosa anti Juve? Se i bimbi fanno i bimbi (e non dicono solo "oh")

Ginevra Leganza
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I bambini fanno i bambini, fintanto che i tifosi - nientemeno ci spiegano il galateo. La necessità della pedagogia e del fair play... Quelli che il calcio - e cioè quelli che forse, diciamo forse, non sono tra i più civili del consesso umano c’illuminano oggi sulla civiltà. La spiegano a noi ma, soprattutto, a una signorina. Anzi, a una bambina che lunedì ha detto una parolaccia (perbacco!). Ma facciamo un passo indietro.

Firenze, stadio Franchi, esterno notte. La ragazza di cui parliamo – che lunedì scende in campo per la partita Fiorentina-Monza (finita 2 a 1) – attende che la telecamera la inquadri. Paziente, imperturbabile. Come un rettile attende la preda. Nel piccolo schermo ecco intanto i giocatori, uno per uno, coi ragazzetti che intonano l’inno.

Da un primo piano all’altro, sfilano le faccine sinché arriva lei che, con maglia viola e sguardo à la Shining, scandisce al volo: «Juve merda». E ancora: «Juve me***». Per ben due volte. Il labiale coglie l’attimo, si prende la scena. Bingo!

«Juve me***» diventa virale e la bambina – lo sa – ha fatto il colpaccio. È figlia dei social, e la sua partita l’ha vinta. Sennonché i tifosi – i più civili del consesso umano – s’indispongono. Addirittura s’indignano.

 

 

«Un episodio certamente poco edificante», scrive il sito Tutto Juve. Poco edificante e «figlio di tempi difficili anche per quanto riguarda l’educazione dei più piccoli». Segue fulminio lo sdegno social.

Quello di tifosi e non che, andati a letto vaiasse, si risvegliano pedagoghi. E dunque lo sdegno degli smanettoni che, dopo lustri di chiacchiere, decenni di fotine e videini, insomma dopo tanto smanettare, scoprono che virali come lei – e come il suo “Juve me***” – non lo sono stati mai. E si son fatti fregare, si capisce, dal genio scurrile di una bambina. Da una lucignola che è già capro espiatorio.

Su X c’è chi – civilmente – compatisce la creatura e «tutta la sua famiglia» (salvo poi chiamarla – sempre la creatura – «disagiata», «bimbaminchia», «bulletta», ah, la civiltà).

E ancora, sempre qui, su X, c’è chi la mette su un piano più alto – dalla pedagogia alla filosofia – ché non è tanto l’educazione, twittano, ma l’etica. Ed è perciò «un popolo di tifosi ignoranti», questo, di ragazzini «privi di etica» che non dovrebbero dire le parolacce... Ché gli adolescenti, si sa, non le dicono. Ed eccoci al punto.

 

 

Perché insomma, al di là dell’indignazione, che è sempre ridicola, c’è qui un tema. Ossia un’illusione che dal campo da calcio si sposta ora al social. Ed è quell’idea dei bambini come esseri candidi (suffragata da genitori che postano guance e sorrisi neonati, in barba al consenso). Quell’idea degli infanti come putti di Raffaello. O perlomeno, come piccoli Buddha da instagramare. Ed è insomma un’idea, questa, che stride con la realtà. Ossia col bambino “perverso e polimorfo” di Sigmund Freud; con quello di Sant’Agostino che non parla e “già guarda livido, con occhi torvi, il suo fratello da latte”.

Ed è sempre un’idea, questa, che alligna dove non si considera la realtà. Dove la vita è un gioco (in campo) oppure un’illusione (il social), ma dove tutto, comunque, è altamente tribale. Dove se non si vince facile – si capisce – ci s’indigna facilissimo. Sia pure per una bambina che, imparando a stare al mondo, impara a dire le parolacce. Una donnina che – un po’ perversa, un po’ polimorfa – ha detto «Juve me***». Così, senza berciare, col solo labiale. Dimostrando che i bambini non sono pupazzi ma uomini e donne in fiore, e perciò perversi, polimorfi, potenzialmente orrendi. Ma pure potenzialmente scaltri. E dunque virali anche meglio di tifosi e twittaroli (che le parolacce, si sa, non le dicono).  

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