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Luigi Di Maio ed Enrico Letta, accordo su Libia e migranti: più arrivi grazie a Pd e M5s?

Andrea Morigi
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Luigi Di Maio ha deciso da che parte stare. È il ministro degli Esteri italiano, ma al momento resta in mezzo al Mar Mediterraneo, in acque internazionali. Le motovedette di Tripoli, unico vero sbarramento alla partenza di barconi di migranti, non le vuole più vedere. Perciò, «il governo italiano non ha disposto e non disporrà finanziamenti a favore della Guardia Costiera Libica». Piuttosto, spiega in un intervento alla Camera dei Deputati, alla Farnesina pensano di spendere soldi per «potenziare l'offerta di servizi di base in Libia per richiedenti asilo e rifugiati vulnerabili, ma anche svolgere attività di formazione per la tutela dei diritti umani dei migranti». Sono trascorse due settimane dalla diffusione del filmato di Sea Watch che mostra un'imbarcazione militare libica, la Ras Jadir, aprire il fuoco e tentare di speronare un natante che tenta di dirigersi a Lampedusa con 40 clandestini a bordo. Chi vuole uscire dalle acque territoriali libiche è tenuto a fermarsi all'alt dei militari. Qui in Italia invece il Pd è convinto del contrario. E il M5s si allinea, ma non gli basta.

 

 

 

 

 



LE MINACCE - Laura Boldrini, che fa parte dei Dem anche se era stata eletta nelle liste di Liberi e Uguali, annuncia la propria opposizione: «Non voterò, in Aula, il provvedimento sulle missioni internazionali relativamente alla parte sulla Libia. In Commissione sono stati presentanti degli emendamenti con cui si intendeva dare risposta alle denunce dell'Onu, del Consiglio d'Europa, degli organismi internazionali sul comportamento della Guardia costiera libica, arrivata perfino a sparare sulle imbarcazioni dei migranti usando le motovedette fornite dall'Italia, e sul trattamento che i migranti subiscono nei centri di detenzione libici dove sono soggetti a violenze e a trattamenti inumani e degradanti». Intanto, l'ex compagno di partito Nicola Fratoianni chiama alla mobilitazione le associazioni antirazziste per manifestare davanti a Montecitorio. Subito dopo arriva la minaccia di Lia Quartapelle, responsabile Esteri del Pd, che chiede il superamento della collaborazione con la guardia costiera libica. Il governo propone una riformulazione che i dem non accettano. L'emendamento è stato accantonato e se ne riparla in commissione. Oggi è previsto il voto in aula alla Camera e pende una minaccia di uscire dalla maggioranza. Chi tenta di tenere in piedi la coalizione di governo è Forza Italia. La capogruppo azzurra al Senato, Anna Maria Bernini chiede «di accelerare la transizione libica verso un governo stabile e in grado di tenere sotto controllo la sua Guardia costiera, la cui cooperazione fu peraltro avviata proprio dai governi Letta, Renzi e Gentiloni».

 

 

 

 

 

E poi «togliere i finanziamenti, come chiede il Pd, significherebbe dare totale via libera agli scafisti e alle partenze incontrollate». Di Maio, nei panni del naufrago, cerca un porto di approdo e farfuglia: «Tutte le nostre iniziative di sostegno alle autorità libiche in materia migratoria si ispirano al principio imprescindibile della tutela delle condizioni di migranti e rifugiati presenti nel Paese». L'attività di salvataggio e recupero «si inserisce nel quadro delle iniziative per favorire una gestione più efficace e rispettosa degli standard internazionali dei flussi irregolari da parte delle Autorità libiche e a contrastare il traffico di esseri umani. Un aspetto su cui è altissima l'attenzione del Governo edel governo di Unità Nazionale». Il suo gommone sempre più gonfio, intanto, rischia d'inabissarsi, finché una riunione tra il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè, il deputato del Pd Enrico Borghi, il deputato della Lega Roberto Ferrari, a cui si aggiunge poi il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, trova la mediazione con la riformulazione di Mulè dell'emendamento sulle missioni internazionali, prevedendo di «verificare dalla prossima programmazione le condizioni per il superamento della suddetta missione, trasferendone le funzioni» all'Unione Europea. E anche oggi forse il governo si salva dall'annegamento.

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