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Immigrazione, "se serve buttateli in mare": la sinistra che dice?

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Un'inchiesta che è un terremoto. Nel mirino 18 persone, arrestate nella mattinata di oggi, giovedì 17 novembre, dagli agenti della polizia di Caltanissetta nel contesto dell'operazione "Mare Aperto". Sgominata una banda di scafisti che, muovendosi da Gela o dalle coste dell'Argentario, andava in Tunisia per fare carico di migranti da trasferire in Italia. In totale gli indagati sono 11 tunisini e 7 italiani, 12 in carcere e altri 6 ai domiciliari. Altri sei soggetti risultano irreperibili. L'accusa è favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. 

La banda criminale aveva diversi punti strategici a disposizione sull'Isola: nell'attività illegale si avvalevano dell'aiuto di scafisti che operavano nel tratto di mare  tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento. L'obiettivo, raggiungere le coste italiane in meno di quattro ore grazie a barche dotate di propulsori molto potenti.

 

E negli atti dell'inchiesta si leggono passaggi terrificanti. Agli imputati infatti viene contestata anche aggravante di aver esposto a gravi pericoli la vita degli immigrati, sottoposti a trattamenti disumani e degradanti. L'ordine era: "Se serve, buttateli in mare". Disprezzo totale per la vita insomma: pronti a ucciderli, ad affogarli, in caso di pericolo. Contavano solo i soldi: il prezzo per tratta era dai 3mila ai 5mila euro, per ogni viaggi l'organizzazione incassava tra i 30 e i 70mila euro. Una serie di evidenze che imbarazzano la sinistra: davanti a un simile orrore, probabilmente, la linea della fermezza e dei porti chiusi, mirata a dissuadere le partenze, sembra l'unica via possibile.

 

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