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Immigrazione, Piantedosi e il "patto con gli africani": l'ultima mossa

Alessandro Gonzato
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Le Ong attaccano il governo Meloni, lo accusano di ostacolare i soccorsi in mare e concedere porti d'attracco troppo lontani, e due esponenti di primo piano del governo Meloni, ossia il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il collega agli Interni Matteo Piantedosi partono per la Turchia per stringere accordi con uno dei principali Paesi di transito dei migranti, e la Turchia è anche centrale per coordinare con la Libia il contrasto agli scafisti. È il «Piano Mattei» annunciato dal premier Meloni nel discorso d'insediamento a ottobre: «Credo che l'Italia debba farsi promotrice di un piano Mattei per l'Africa, un modello virtuoso di collaborazione e crescita tra Unione Europea e nazioni africane». Queste le parole del fondatore di Eni, morto nel '62: «Noi non entriamo più come degli estranei in questi Paesi, ma in un ambito di cooperazione». Partiamo da qui.

 

 

LE MISSIONI
Tajani sarà ad Ankara domani: in Turchia incontrerà l'omologo Mevlüt Cavoulu. Tajani martedì ha avuto un lungo colloquio telefonico col ministro degli Esteri tunisino, Othman Jerandi e i due - si legge nella nota del governo di Tunisi hanno sottolineato «la necessità di rafforzare la cooperazione e il coordinamento sulla migrazione irregolare» attraverso «un approccio globale». «L'Italia», ha rimarcato il ministro degli Esteri tunisino, «è il primo partner strategico». Tajani ha chiesto garanzie a Tunisi «perché ci siano maggiori controlli e vengano rispettati gli accordi di rimpatrio dei tunisini che arrivano in Italia in modo irregolare». In cambio l'Italia si impegna a maggiori investimenti nel Paese africano.

Lunedì invece sarà la volta di Piantedosi, in Turchia, e incontrerà il ministro dell'Interno Suleyman Soylu. Il governo è al lavoro per stringere accordi coi Paesi di partenza dei migranti, oltre a quelli di passaggio, e questo è stato uno dei temi al centro del vertice di ieri pomeriggio a Palazzo Chigi tra Giorgia Meloni, Tajani, Piantedosi, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Durante la riunione, durata quasi due ore, è stato fatto il punto sulle partenze e sugli sbarchi irregolari.

«Dopo la stretta sulle Ong e il lavoro in sede europea», hanno riferito fonti di Palazzo Chigi, «quello sugli accordi con gli Stati del Mediterraneo è un altro pilastro della strategia dell'esecutivo». Non è trapelato molto di più perché all'incontro erano presenti anche i vertici dell'intelligence, rappresentati dalla direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, Elisabetta Belloni. Tajani e Piantedosi a stretto giro andranno anche in Tunisia e in Libia, dove non si esclude che possano presentarsi assieme. Veniamo, anzi torniamo alle Ong, con le quali ieri Piantedosi ha avuto un duro botta e risposta.

 


La Ocean Viking, nave della Ong Sos Méditerranée che ha sbarcato ad Ancona 37 migranti, ha attaccato: «Abbiamo dovuto fare i conti con venti da 40 nodi e onde fino a 6 metri. Quasi tutti hanno sofferto il mal di mare, il 95%. Tutto ciò poteva essere evitato con l'assegnazione di un porto sicuro più vicino». E poi: «Molti migranti erano senza scarpe e calzini, con maglioni legati ai piedi per proteggersi gli arti dal freddo del pavimento bagnato della nave sulla quale», ha denunciato la Ong, «erano ammassati, tremolanti e provati». Piantedosi ha accusato nuovamente le Ong di essere un «pull factor», ossia un fattore di attrazione per i disperati e per gli scafisti.

Sui rapporti tra Ong e trafficanti sono in corso alcune inchieste giudiziarie. La presenza in mare delle navi Ong, ha poi aggiunto il ministro dell'Interno, potrebbe influire sulla scarsa qualità delle barche che partono dall'Africa, «perché tanto poi sanno che li vanno a prendere, e questo favorisce le tragedie». Controreplica della Ong Medici Senza Frontiere, che gestisce la Geo Barents in arrivo in queste ore a sua volta al porto di Ancona: «Ubbidiamo agli ordini, ma non rimarremo silenziosi e inattivi. È inaccettabile mandarci ad Ancona». Intanto alla Camera è iniziato l'iter del decreto sulla stretta alle navi Ong, e le opposizioni - tramite il dem Peppe Provenzano- hanno annunciato «una battaglia durissima». Secca la replica di Fabio Raimondo (Fratelli d'Italia), relatore del provvedimento: «Le Ong devono smetterla di decidere in totale autonomia». 

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