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Immigrazione, i sindaci del Pd contro i troppi arrivi? Cosa volevano prima

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Vittorio Feltri
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Insomma, anche Gori si è reso conto che la politica di accoglienza indiscriminata che l’Italia ha portato avanti per decenni è foriera di problematiche gigantesche sia sul breve che sul lungo periodo. Come il primo cittadino di Bergamo anche altri sindaci dem sembrano avere improvvisamente riacquistato la vista o il senno, essendosi persuasi che aprire le braccia a tutti non è materialmente possibile in quanto l’accoglienza ha dei costi enormi e chi non trova posto nelle strutture finisce per strada, come è sempre accaduto in questi anni, intraprendendo inevitabilmente un percorso di devianza. Ecco perché le nostre città sono sempre più insicure: raccogliamo i frutti di un passato piuttosto recente caratterizzato da un approccio alla questione migratoria fondato sull’idea malsana che sia nostro sacrosanto dovere incamerare masse di centinaia di migliaia di esseri umani, che definiamo “profughi” pure quando non lo sono, da mantenere a nostre spese, per di più a vita, dal momento che di rado essi riescono ad integrarsi acquistando autonomia.

 

 

 

Bene, non esiste un altro Paese sulla faccia della Terra dove avvenga qualcosa di questo genere. Adesso che abbiamo un governo di destra travolto da ondate di clandestini, la sinistra cambia registro e i sindaci democratici si ribellano ad una prassi voluta, imposta e consolidata proprio dai radical-chic buonisti. Se domani l’esecutivo adottasse il pugno duro e decidesse di compiere quello che fece l’allora ministro dell’Interno del governo gialloverde Matteo Salvini, unico capace di azzerare gli sbarchi, ecco che la sinistra si rivolterebbe ancora accusando Giorgia Meloni e i suoi di razzismo e disumanità.

A questo punto ritengo che il governo dovrebbe ascoltare le lagne, motivate e comprensibili, dei sindaci e porre un risoluto argine a questa quotidiana invasione di barconi e barchini che partono soprattutto, come confermano i dati, dalla Tunisia, Paese che continua da anni a ricevere denari dall’Italia promettendo di controllare le partenze e che spudoratamente non smette di disattendere gli impegni assunti. Sospetto che al Paese africano convenga questo status quo e quindi non nutra alcun interesse a fermare coloro che si mettono in mare dalle sue coste per dirigersi verso lo Stivale, semmai trae convenienza dalla circostanza opposta, ossia che l’esodo non si arresti. Questo circolo vizioso va spezzato senza esitazione poiché sussiste un rischio di implosione del sistema. Interromperlo è certamente fattibile, ne abbiamo le prove: nel 2018-2019 il leader della Lega ci riuscì.

 

 

 

Benissimo, non ci resta che ricorrere al precedente, dunque sigillare le frontiere, ovvero i porti, scortare barconi e barchini fino al punto di partenza, rintracciandone le rotte, mostrare intransigenza, decisione, menefreghismo nei confronti delle critiche che puntualmente giungono ogni volta che l’Italia sceglie di fare valere la sua sovranità che si esplicita anche e soprattutto nel controllo e nella protezione dei propri confini. E questa è una prerogativa di cui nessuno può spogliarci e di cui non ci dobbiamo giustificare. È caduta la goccia che ha fatto tracimare l’acqua dal vaso. La situazione, come denunciano gli stessi sindaci dem, è insostenibile e destinata a peggiorare. Dunque, a mali estremi estremi rimedi. Si adotti la linea-Salvini. Amen. 

 

 

 

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