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Migranti, la "cauzione"? Sinistra smascherata: quel voto del Pd nel 2013

Fausto Carioti
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Gli archivi del parlamento europeo possono essere miniere preziose. Lì si scopre, ad esempio, che la «crudeltà inumana» (Elly Schlein), la «misura indegna», l’«infamia», il «pizzo di Stato», insomma la cauzione da cinquemila euro introdotta dal governo per i richiedenti asilo che oggi indigna tutte le forze di sinistra, fu votata senza battere ciglio dagli eurodeputati di quei partiti e dai loro alleati europei. Un successone, numericamente parlando: il 12 giugno del 2013 nell’aula di Strasburgo il divario tra favorevoli e contrari fu tale che il voto sulla “direttiva Accoglienza” si svolse per semplice alzata di mano, senza bisogno dell’appello nominale, e dunque senza che restasse elenco dei pochi che si erano espressi contro. Presidente del parlamento europeo era il socialista tedesco Martin Schulz, che dieci anni prima si era preso del kapò da Silvio Berlusconi: appose la propria firma in calce all’atto senza nulla eccepire. Le uniche voci italiane critiche furono quelle di un gruppo di esponenti della destra: Roberta Angelilli ed Elisabetta Gardini (elette col Ppe, poi entrate in Fdi), i leghisti Oreste Rossi, Mario Borghezio e Lorenzo Fontana, attuale presidente della Camera.

RISCHIO DI FUGA
Era un provvedimento complesso, di 16 pagine e 34 articoli, ma il passaggio in cui si chiedeva agli Stati membri di prevedere una cauzione era chiarissimo. Articolo 8, punto 4: «Gli Stati membri provvedono affinché il diritto nazionale contempli le disposizioni alternative al trattenimento, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato». Poche righe prima, si stabiliva che chi chiede la protezione internazionale può essere trattenuto solo in alcune ipotesi da valutare «caso per caso» (come ha ricordato ieri la Ue), ovvero «per determinarne o verificarne l’identità o la cittadinanza», «se sussiste il rischio di fuga», «per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio» e quando lo impongano motivi di sicurezza o di ordine pubblico.

 


È ciò che ha appena previsto il governo italiano. Stanco di vedere stranieri che presentano domanda di protezione e poi si eclissano, ha introdotto l’obbligo di cauzione (escussa in caso di fuga) per chi proviene dai sedici Paesi extra-Ue ritenuti «sicuri» (e dunque, al contrario di quanto dice la sinistra, non scappa da persecuzioni e torture), si presenta senza documenti e non vuole essere rinchiuso nei nuovi Ctf, i Centri di trattenimento alla frontiera in cui si svolgeranno le procedure rapide di identificazione. La direttiva fu approvata al termine di un percorso molto lungo, durato cinque anni. Ma due giorni prima del voto finale in assemblea plenaria, quando la proposta venne discussa nella commissione “Libe” (libertà civili, giustizia e affari interni), la «garanzia finanziaria» e il resto delle norme che ora fanno insorgere la sinistra erano lì, nero su bianco, e la commissione le approvò con 32 voti a favore e 9 contrari, anche in quel caso senza bisogno di votazione nominale, tanto ampio era lo scarto.

 


IL “NO” DELLA DESTRA
Di quella commissione facevano parte i progressisti italiani Sonia Alfano, eletta con l’Italia dei Valori, e i piddini Rita Borsellino e Salvatore Caronna, i quali sappiamo che non votarono contro il provvedimento, perché due giorni dopo non presero la parola in aula per annunciare voto contrario, come di regola fa chi vuole che la propria posizione minoritaria resti agli atti quando si vota per alzata di mano. Relatrice e “madrina” della direttiva, del resto, era un’esponente di centrosinistra, la svedese Cecilia Wikström, appartenente all’Alde, il gruppo liberal che poi è confluito nei macroniani di Renew Europe. Tra i pochi che il 12 giugno annunciarono voto contrario in assemblea ci fu invece Borghezio, il quale spiegò che nella direttiva non si era «pensato minimamente a garantire il diritto dei popoli “ospitanti” alla sicurezza». La Angelilli sostenne che quelle norme lasciavano soli, dinanzi a situazioni straordinarie, «gli Stati situati alle frontiere esterne ed esposti al più forte afflusso di immigrati», come l’Italia. Nessuno degli esponenti della sinistra nostrana disse nulla contro la «garanzia finanziaria» o le altre novità del provvedimento, che votarono in massa assieme ai loro compagni europei. E allora delle due l’una: o chi votato in favore di quel testo lo ha fatto senza capire ciò che c’è scritto, e magari senza nemmeno leggerlo, oppure quello che all’epoca si poteva votare a testa alta in Europa diventa una «crudeltà inumana» oggi che a metterlo in pratica è il governo di destra-centro. 

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