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Albania, l'Ue sbugiarda il Pd: "Modello interessante"

Fabio Rubini
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Quanto è amara ultimamente l’Unione Europea per il Pd nostrano. Dopo le retromarce dovute ingoiare sul green deal, anche ieri da Bruxelles è arrivato un altro sonoro schiaffone alle velleità di Elly Schlein e compagni. Il tema è quello dell’accordo tra Italia e Albania per accogliere i migranti in esubero nel nostro Paese. Ieri, subito dopo che l’intesa è diventata pubblica, i dem si sono scatenati tirando in ballo l’Europa, che ha risposto chiedendo chiarimenti al governo italiano sui contenuti del protocollo Italia-Albania.

Ebbene, nemmeno 24 ore dopo quell’appello, è arrivata una prima risposta di Bruxelles per bocca del commissario europeo all’Allargamento, Oliver Varhely, che nel corso di un’audizione alla Commissione esteri, ha spiegato che la Ue «sta analizzando l’intesa tra Italia e Albania sulla gestione dei flussi migratori», che per Varhely «è un modello interessante». Il commissario ha poi ricordato come «c’è già una buona cooperazione per la sicurezza tra Italia e Albania, ad esempio i grossi sforzi fatti dalla Guardia di Finanza nel 2020 e 2021, che hanno cambiato la realtà sul campo. Quindi credo che qualsiasi tipo di cooperazione tra Italia e Albania sulla sicurezza per l’Europa vada apprezzato e siamo pronti a contribuire».

 

 

Un colpaccio per il governo Meloni e uno schiaffo per le opposizioni che anche ieri hanno dato il meglio per attaccare questa intesa. Giuseppe Conte ha parlato di «spot albanese»; Pina Picierno (Pd) di «un accordo costoso e dannoso per l’Italia; Carlo Calenda di «un provvedimento che risolve solo il 5% dei casi e che alla fine sarà un boomerang». Addirittura don Giacomo Martino, responsabile genovese di Migrantes è arrivato a dire che così si passa «dai lager libici in cui le persone venivano sfruttate e torturate, passiamo ai campi di concentramento in Albania...». Critico anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei: «Di per sé è un’ammissione di non essere in grado. Non si capisce perché non venga sistemata meglio l’accoglienza».

Intanto da Tirana il premier Albanese Edi Rama prima ha negato che «l’accordo con la Meloni presupponga a un inizio di trattative per l’ingresso dell’Albania nella Ue» e poi ha pubblicato sul suo sito - in albanese - il testo integrale del trattato che prevede il pagamento da parte dell’Italia di 16,5 milioni per ognuno dei due anni di validità. Proprio sulle modalità con cui è stato siglato il trattato si è dipanata la giornata politica del centrodestra. Dopo le polemiche dei giorni scorsi sul fatto che Meloni non avrebbe avvisato i suoi alleati, ieri è arrivata una secca smentita da fonti di Palazzo Chigi, che spiegano come «sono totalmente fantasiose le ricostruzioni secondo le quali l’accordo Italia-Albania non sarebbe stato condiviso dal presidente del Consiglio con gli alleati di governo. Al contrario - proseguono le fonti c’è stato fin dall’inizio il pieno coinvolgimento dei due vicepremier Salvini e Tajani e l’intesa è stata costruita passo dopo passo con la totale collaborazione dei ministeri coinvolti, a partire dal ministero degli Esteri, Interno e Giustizia».

 

 

Una ricostruzione confermata dai due partner di governo. Per Forza Italia è direttamente Tajani a spiegare come «l’accordo con l’Albania rispetta tutte le norme comunitarie». Più pungente il vice segretario della Lega, Andrea Crippa, che dopo aver definito «una bella mossa» l’accordo con Rama, puntualizza: «Il dato di fatto è questo: va bene la via diplomatica, però l’Italia deve fare l’Italia. E Salvini quando ha fatto il ministro dell’Interno ha fermato l’immigrazione clandestina. Andando a processo. Forse questo ha indotto gli altri ad essere più prudenti su questi temi. Il messaggio che deve arrivare è: non partite, perché in Italia non arrivate». E ancora Crippa fa notare che: «Dal punto di vista sostanziale l’accordo è perfetto, dal punto di vista strutturale servirebbe che l’Unione europea facesse come l’Albania. Se l’ha fatto un socialista come Rama, ci sono altri Paesi che potrebbero dare una mano in più». 

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