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Migranti, la Cassazione: "Libia non è porto sicuro". E Casarini incita alla rivolta

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"La Libia non è un porto sicuro". La Ong Mediterraea festeggia sui social sottolineando in un post come "la Corte di Cassazione ha confermato la condanna definitiva del comandante della nave Asso28 che il 30 luglio 2018 soccorse 101 persone in pericolo nel Mediterraneo centrale e le riportò in Libia da dove stavano fuggendo. La sentenza della Corte di Cassazione sul caso Asso28 stabilisce che consegnare le persone migranti alla cosiddetta guardia costiera libica è un reato".

La sentenza concede l'opportunità a Luca Casarini, fondatore della Ong Mediterranea Saving Humans, di sganciare un nuovo siluro politico contro il governo di Giorgia Meloni. "Con la sentenza della Corte di Cassazione, che ha chiarito in maniera definitiva che la cosiddetta 'guardia costiera libica' non può 'coordinare' nessun soccorso, perché non è in grado di garantire il rispetto dei diritti umani dei naufraghi, diventa un reato grave anche ordinarci di farlo, come succede adesso. Ora metteremo a punto non solo i ricorsi contro il decreto Piantedosi, che blocca per questo le navi del soccorso civile, ma anche una grande class action contro il governo e il ministro dell'Interno e il memorandum Italia-Libia".

Secondo Casarini, i vertici politici "dovranno rispondere in tribunale delle loro azioni di finanziamento e complicità nelle catture e deportazioni che avvengono in mare a opera di una 'sedicente' guardia costiera, che altro non è che una formazione militare che ha come compito quello di catturare e deportare, non di 'mettere in salvo' le donne, gli uomini e i bambini che cercano aiuto. La suprema corte definisce giustamente una gravissima violazione della Convenzione di Ginevra, la deportazione in Libia di migranti e profughi che sono in mare per tentare di fuggire da quell'inferno".

Di recente, ricorda sempre Casarini, la nave Mare Jonio di Mediterranea "è stata colpita dal fermo amministrativo del governo per non aver chiesto alla Libia il porto sicuro. Proporremo a migliaia di cittadini italiani, ad associazioni e ong, di sottoscrivere la class action, e chiederemo a un tribunale della Repubblica di portare in giudizio i responsabili politici di questi gravi crimini. Stiamo parlando di decine di migliaia di esseri umani catturati in mare e deportati in Libia, ogni anno, coordinati di fatto da Roma e dall'agenzia europea Frontex. E il ministro Piantedosi, proprio ieri, l'ha rivendicato testimoniando al processo a Palermo contro l'allora ministro Salvini. Lui si è costruito un alibi, con la distinzione tra centri di detenzione legali e illegali in Libia, dichiarando che 'l'Italia si coordina con le istituzioni libiche che gestiscono campi di detenzione legalmente'. Finalmente questo alibi, che è servito fino a ora a coprire i crimini, è crollato grazie al pronunciamento della Cassazione. Adesso questo ministro deve essere messo sotto processo, perché ha ammesso di avere sistematicamente commesso un reato, gravissimo, che ha causato morte e sofferenze a migliaia di innocenti". 

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