Immigrazione, riesplode la grana Libia: allarme-sbarchi, cosa sta succedendo

di Fausto Cariotidomenica 22 giugno 2025
Immigrazione, riesplode la grana Libia: allarme-sbarchi, cosa sta succedendo
4' di lettura

Se in Cirenaica un leader e interlocutore stabile c’è, ed è il generale Khalifa Haftar che governa l’est della Libia col sostegno del proprio clan, la Tripolitania sta diventando una torre di Babele nella quale Abdul Hamid Dbeibah, capo del governo riconosciuto dall’Italia e dall’Onu, è osservato con dubbio crescente dalla stessa comunità internazionale che sinora l’ha sostenuto. Lì, a ovest, sotto la sua giurisdizione, si sono fatti più violenti gli scontri tra le milizie armate, ci sono continue proteste in piazza e manifestazioni davanti alla sede del governo, alcuni ministri si sono dimessi. Dbeibah non appare in grado di controllare la situazione e i trafficanti di esseri umani hanno intensificato la loro attività, spesso in complicità con le stesse milizie responsabili del caos. Destinazione Italia, ovviamente.

Uno spettacolo dinanzi al quale il governo di Roma non può essere spettatore passivo. Motivo per cui, ieri pomeriggio, Giorgia Meloni ha convocato un vertice sulla “questione Libia” con Matteo Salvini e Antonio Tajani, e i ministri Guido Crosetto e Matteo Piantedosi (che si è collegato da Taormina).

Una preoccupazione che si aggiunge a quella sugli sviluppi della guerra in Iran, argomento del quale ieri la premier ha discusso a quattr’occhi col ministro degli Esteri a più riprese, tra villa Pamphili, dove è stato ospitato il vertice con i leader africani, e palazzo Chigi, dove i due si sono recati subito dopo. L’auspicio, nel governo, è che non si renda necessario un attacco militare da parte degli Stati Uniti, e per questo è stato accolto con sollievo l’annuncio di Donald Trump di “congelare” la decisione per due settimane.

L’analisi sulla Libia che Piantedosi ha fatto in pubblico, prima di riunirsi con i colleghi di governo, è fedele alla realtà: «Registriamo una recrudescenza di conflittualità tra le milizie che compongono la galassia che governa quel territorio, e a fronte di queste conflittualità abbiamo registrato una leggera ripartenza di traffici di migranti». Peraltro, come ha ricordato lo stesso ministro, «i grandi interessi che abbiamo in Libia non si esauriscono con i traffici di migranti. C’è una presenza stabile di circa cinquecento italiani».

Messina, traffico di migranti e armi: fermati cinque tunisini

Nei giorni scorsi i Carabinieri della Compagnia di Patti, con il supporto dei militari dei reparti del Comando Provincia...

I dati del Viminale dicono che sulle coste italiane, dal primo gennaio a ieri, sono arrivati 25.845 migranti provenienti dalla Libia, contro i 13.336 dello stesso periodo dello scorso anno. Partono da Misurata, Sabrata e dai porticcioli vicini: quelli della Tripolitania, che Dbeibah non riesce più a controllare.

Pochissimi di questi migranti irregolari sono libici, una nazionalità che nemmeno appare tra le prime dieci dichiarate al momento dello sbarco in Italia. La gran parte sono bengalesi, eritrei, egiziani, pakistani, etiopi, siriani, sudanesi e somali. I trafficanti della Tripolitania ambiscono a essere i tour operator che portano gli irregolari in Italia da tutto il mondo. La buona notizia è che, intanto, sono crollati gli arrivi dalla Tunisia: furono 9.997 dal primo gennaio al 20 giugno del 2024, sono stati 1.754 nell’identico periodo del 2025. Segno che la strategia degli accordi con i Paesi di partenza funziona: il problema è a Tripoli. Così, tirando le somme di tutti gli arrivi via mare, nell’anno in corso si contano 28.549 sbarcati, un aumento del 16,7% rispetto al 2024. Comunque, fa notare Piantedosi, molti meno di quelli degli stessi giorni del 2023, quando se ne contarono 57.500.

Messina, traffico di migranti e armi: fermati cinque tunisini

Nei giorni scorsi i Carabinieri della Compagnia di Patti, con il supporto dei militari dei reparti del Comando Provincia...

Il governo Meloni ha avviato già da tempo una ricognizione profonda, sul canale politico e diplomatico, riguardo alle sorti della Libia. Un’analisi in cui tutto, a quanto si apprende, viene messo in discussione, al pari di quanto sta facendo il resto della comunità internazionale, inclusa la divisione tra Tripolitania e Cirenaica. L’attuale assetto istituzionale della Libia è in grado di garantire quella stabilità che serve all’Italia e all’Europa? Questa è la domanda che si pone il governo di Roma.

La strada individuata prevede di intensificare il confronto con i Paesi che hanno lo stesso interesse a fermare la destabilizzazione della Libia, al di là del fatto che appoggino Dbeibah o Haftar. Si tratta innanzitutto di Turchia, Egitto, Algeria, Emirati Arabi e Marocco. Oltre alla Francia di Emmanuel Macron, che sostiene Haftar e col quale Meloni ha già avuto modo, nei recenti “colloqui del disgelo”, di discutere l’argomento. La priorità rimane il consolidamento dell’assetto attuale, che però non è più considerato un dogma, l’unico scenario possibile: occorre capire se i leader in carica, incluso Dbeibah, vogliono farsi aiutare e sono in grado di riportare la Libia sotto controllo.

L’allarme non risuona solo in Italia. Ieri, a Berlino, c’è stata una riunione internazionale con rappresentanti dell’Onu e inviati di Stati Uniti, Russia, Turchia, Egitto, Francia, Italia, Germania, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Unione africana, Lega araba e Ue. Tutti in cerca di un’intesa su come arrestare lo scivolamento della Libia verso l’instabilità. Per il governo di Roma erano presenti l’ambasciatore a Tripoli, Gianluca Alberini, e il capo dell’Ufficio Maghreb della Farnesina, Filippo Colombo. Lunedì a occuparsi della Libia, su richiesta dell’Italia e di altri Paesi, sarà il Consiglio Affari esteri dell’Ue che si terrà a Bruxelles, al quale parteciperà Tajani.

ti potrebbero interessare

altri articoli di Terra promessa