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Stupro di Rimini, la testimonianza della ragazzina: "Uno di loro parlava solo di stuprare e uccidere"

"Adesso la faccio bere e poi la violento". Fa venire i brividi l'aneddoto raccontato dalle ragazze che erano nella stessa compagnia dei quattro responsabili degli stupri di Rimini. Il 23 agosto al compleanno di Margherita "K. aveva puntato una mia amica, Laura. E poi disse quella frase che lasciò tutti di m....", racconta Margherita a La Repubblica. La ragazza, insieme alle amiche Hiba e Irene, tutte di origine marocchina, parla degli aggressori, e ne consegna l'immagine di ragazzi che vivevano sul limite della legalità. Erano in compagnia insieme, a Vallefoglia, in provincia di Pesaro-Urbino. K. è il più giovane del branco (15 anni), anche lui marocchino, ma il più pericoloso. "Ci faceva paura. Parlava solo di uccidere e violentare, ma non ci ha mai toccate". E gli altri chi erano? Guerlin, il congolese, chiamato ironicamente Biondo, spacciava fumo e marijuana in stazione. "Era sempre vestito firmato". Poi L., il nigeriano, l'unico che non rubava, "la sua famiglia sta molto bene, gli hanno comprato l'iPhone". Mentre M., il fratello diciassettenne di K., era appena uscito dalla comunità, dove era stato mandato perché beccato con la droga nello zaino. Le tre ragazze si trovavano in stazione, il sabato pomeriggio dopo la violenza, insieme alla banda. E il comportamento dei quattro le ha insospettite. "Da venerdì notte sono spariti dalla chat di WhatsApp". E poi sono spuntate le foto, frame della telecamera di sorveglianza visionata dalla polizia. "Li abbiamo riconosciuti. Erano loro". Ma nessuna ha pensato di fare qualcosa. "Erano solo dei sospetti". "Ma eravamo sicure che K. primo o poi avrebbe ammazzato o violentato qualcuno. Lo diceva sempre. Vuol sempre fare a botte con tutti." Ad esempio un controllore dell'autobus. Oppure un ragazzo che ha aggredito con un coltellino che porta sempre con sé. "Uno psicopatico. Ci faceva paura, ma stavamo zitte".

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