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Mario Draghi, perché se lascia la Bce l'Italia è ridotta malissimo

Giovanni Ruggiero
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Botta e risposta. Volete il reddito di cittadinanza? Volevate magari anche la flat-tax? E come no, ve la diamo subito: basta che l' Italia tagli il debito pubblico. Continuerà a non tagliarlo? Continuerà a pensare che, tanto, c' è Babbo Draghi che poi ci mette una pezza quando i mercati iniziano a sputare sui titoli di Stato italiani, quando lo spread sale a 500 e nessuno compra più i nostri Btp che il Tesoro ha bisogno di vendere? Attenzione: la pacchia finirà, proprio Draghi ieri ha fatto capire che nessuna cuccagna può durare in eterno. Una doccia fredda, di realismo. È proprio una doccia fredda, quella arrivata tra ieri e l' altro ieri dalle autorità europee sul lungo day-after delle elezioni (lunghissimo, visto che grazie al Rosatellum ancora è incerto il nome di molti eletti). Ha cominciato la Commissione di Bruxelles, istituzione barbosa ma potente, che ci ha impietosamente ricordato che siamo il secondo Paese peggio messo dopo la Grecia per debito pubblico. Leggi anche: Draghi, imbarazzo fuori dal seggio: cosa è costretto a dire alla moglie E poi, ieri, Draghi. Molto più autorevolmente, il presidente della Banca centrale europea - forse il più "patriota" tra tutti i banchieri centrali mai nati nel nostro Paese - ha voluto dare un segnale ai mercati del fatto che i miracoli non si possono sempre ripetere e che lo scudo della Bce proteso a difesa dei valori europei non verrà brandito necessariamente con la stessa forza. IL BANCHIERESE Ma che ha detto, in sostanza, Draghi, sull' Italia? Sia chiaro: niente di esplicito, l' uomo appartiene pur sempre a una categoria che parla per enigmi. Eppure, anche se parlando in "banchierese", Draghi ha detto che «la sostenibilità dei conti è la principale preoccupazione per i Paesi ad alto debito». Insomma: l' Italia non può permettersi di peggiorare la sua già difficile posizione per star dietro ai programmi pieni di promesse folli con cui i principali partiti si sono presentati alle elezioni. Poi ha aggiunto una cosa più difficile da capire: cioè che gli acquisti mensili di titoli di Stato europei per ben 30 miliardi di euro che la Bce attualmente effettua - e che tengono su l' ufficio-vendite di vari Stati indebitati, tra cui innanzitutto l' Italia - continueranno sì come previsto (anche se la banca ha programmato di sospenderli tra un annetto: vedremo se lo farà davvero) ma l' istituto non s' impegna più «ad aumentare il ritmo e la quantità di questi acquisti nel caso in cui le prsopettive diventassero meno favorevoli». Qui sciroppatevi quattro righe "tecniche". Il 26 luglio 2012, difronte ai mercati finanziari mondiali che avevano ripreso a menarla sull' inevitabile dissoluzione dell' euro, Draghi disse che avrebbe fatto qualunque cosa per salvare l' Unione monetaria, "whatever it takes", "tutto il necessario"... Una specie di promessa-minaccia alla speculazione. Che infatti si acquietò. Non è che ieri si sia rimangiato l' impegno, questo no. Però la lettura dei mercati sulla scelta di togliere dal comunicato finale emesso dalla Bce l' impegno a comprare più titoli di Stato se la situazione si complica ha voluto vedere in questo gesto un segnale opposto a quello, iperprotettivo, lanciato al mondo con la frase di cinque anni e mezzo fa. Chiaro? Vi sembrano sottigliezze? Magari! Sono parole pesanti come pietre. E vediamo perché. STOP ERRORI Ciò che non è chiaro alla stragrande maggioranza di noi elettori italiani, sono le ragioni per le quali l' Italia non può sgarrare neanche di un millimetro dai comportamenti che i mercati pretendono. Invece il perché è semplice: ogni mese il Tesoro deve vendere tra i 35 e i 40 miliardi di euro di titoli di Stato (Bot, Btp eccetera) per poter rimborsare quelli che scadono e finanziare il bilancio pubblico, per un totale di 420-430 miliardi all' anno. Complessivamente, tra famiglie, banche e altre imprese, il 60 per cento di questi titoli viene acquistato da compratori italiani, il 40% da stranieri. Gli italiani sono in genere di bocca buona, quel che lo stato gli passa, comprano. Gli stranieri no, se ne fregano: scelgono quel che piace loro in giro per il mondo. E se smettono di comprare i nostri titoli perché non si fidano più, si apre un buco di bilancio per l' Italia da 160 miliardi in un anno. Altro che reddito di cittadinanza. Fame nera, effetto Atene. Questi sono i fatti, le chiacchiere stanno a zero. E c' è di più. Lo scorso anno, lo Stato ha pagato interessi attivi a quelli che hanno comprato i suoi titoli pari allo 0,63% della raccolta: pochissimo! E questo, grazie al fatto che il mercato dei tassi è basso: pensate, pagare appena 2 miliardi e mezzo di interessi su 420! Ma l' anno prima era andata meglio ancora: avevamo pagato appena lo 0,53%. E quest' anno pagheremo qualcosina in più. Siccome chiaramente i tassi continueranno pian piano a salire, vendere tutti questi titoli ci costerà comunque di più. Insomma: margini di manovra non ce ne sono, stiamo strettissimi, e non è neanche tutta colpa della pur inefficiente Europa. È il mercato, bellezza - direbbe Humprey Bogart - e non ci possiamo fare niente, proprio niente. di Sergio Luciano

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