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La Turchia invade l'Iraq: le truppe di Ankara sulla capitale Isis Mosul

Matteo Legnani
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La Turchia avrebbe schierato delle unità di fanteria dotate di armi pesanti nella periferia di Mosul, città dell'Iraq settentrionale in mano allo Stato islamico dal giugno 2014. Lo ha detto il portavoce delle Unità per la mobilitazione popolare (Pmu, milizie sciite) per la provincia di Ninive, Mahmoud Alsurja, in un comunicato stampa diffuso dalla stampa locale. Si tratterebbe in particolare di "tre unità militari turche dotate di armi pesanti". Secondo il portavoce delle Pmu, le forze di terra turche si starebbero preparando a sostenere la coalizione internazionale nell'offensiva per riconquistare Mosul. Finora non c'è stata alcuna reazione da parte del ministero della Difesa e del governo federale di Baghdad al presunto ingresso delle truppe turche nel territorio iracheno. Nella giornata di ieri, giovedì 3 dicembre, l'ufficio del primo ministro Haider al Abadi ha diffuso un durissimo comunicato in cui ribadisce il fermo e categorico rifiuto a qualsiasi violazione della nostra sovranità, avvertendo che Baghdad «riterrà un atto ostile qualsiasi ingresso di forze di terra» straniere. Atto a cui il governo federale «risponderà di conseguenza» La tensione fra Russia e Turchia è precipitata dopo le accuse di Mosca ad Ankara quest'ultima accusata di comprare il petrolio estratto dallo Stato islamico nei giacimenti in Iraq e in Siria. Nei giorni scorsi il ministero del Petrolio dell'Iraq ha invitato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad aprire un'indagine ufficiale sul contrabbando di petrolio ad opera dello Stato islamico (Isis) in territorio iracheno. «Chiediamo l'istituzione di una commissione d'inchiesta in sede Onu per attuare le decisione adottate in precedenza in relazione al contrabbando di petrolio iracheno, e identificare le parti coinvolte in questo processo, che siano individui, aziende o paesi», ha detto un portavoce del dicastero di Baghdad. Quest'ultimo ha spiegato che l'Iraq perde «dai 300 ai 400 mila barili di petrolio al giorno» a causa dell'inattività della raffineria di Baiji, situata nella provincia centrale di Salah al Din, dove sono attivi i miliziani dell'Is. Non solo: «Daesh (acronimo arabo di Stato islamico in Iraq e Siria, ndr) contrabbanda grandi quantità di petrolio iracheno dai campi di Ajil e Hamrin, nella provincia di Salah al Din, attraverso la provincia settentrionale di Ninive, e da lì fino al confine. Questa attività certamente finanzia le loro operazioni», ha concluso il portavoce. Gli Stati Uniti sono consapevoli della presenza di truppe turche nell'Iraq settentrionale, ma precisano che queste truppe non fanno parte della coalizione guidata dagli Usa. Lo si apprende da fonti ufficiali della Difesa statunitense.

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