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Il vigile che timbra in mutande. La moglie: "Ecco perché"

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Alessandra Menzani
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Alberto Muraglia è il vigile urbano di Sanremo diventato simbolo dell'inchiesta sugli impiegati comunali che timbravano la presenza al lavoro e poi facevano i fatti loro.  Lavoratore modello, un doppio impiego come custode del mercato e italiano di fiducia dei reali del Belgio per vent'anni: fa parte infatti dello staff Paola Ruffo di Calabria. "Alberto è sempre stato un motivo di orgoglio per il Comune e adesso guarda cosa doveva capitare...", dice la moglie Adriana al Corriere della sera. "Una vita intera a lavorare, lavorare, lavorare e alla fine mi ricorderanno tutti come il vigile in mutande...", dice l'uomo.  Agli arresti domiciliari da due giorni (come altri 34 dipendenti), Muraglia ha il divieto di rilasciare interviste. Parla la moglie, però: "Per ciascun fatto abbiamo le prove che niente è come è stato descritto nelle accuse. Dicono che si allontanava dal servizio e invece abbiamo carte e testimoni che dimostrano che stava lavorando eccome! Dicono che timbrava in ritardo per far la cresta sugli straordinari eppure non ha mai preso un centesimo di straordinario se non richiesto e approvato dai suoi superiori per motivi certificati". Ci sono però le immagini che mostrano la signora e la figlia che timbrano al posto dell'uomo: "È che magari si ricordava del timbro mentre era sotto la doccia e ci diceva: per favore vai tu? Non era un imbroglio, mi creda. Noi siamo gente perbene". Adriana svela un retroscena che scagionerebbe il marito: pare che la casa del vigile - con vista sulle bancarelle di frutta e verdura dentro il mercato - ha un ufficio con due porte: da una parte si va nell'appartamento, dall'altra nel corridoio che mette in comunicazione diversi uffici comunali. Per questo, dice andava a timbrare "in mutande se si ricordava di farlo fuori tempo massimo, quando si era già messo in libertà".

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