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Vittorio Feltri: perché noi uomini siamo vittime delle donne, una verità mortale

Andrea Tempestini
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Comincio con una notizia non bella, ma se la stiamo leggendo vuol dire che non ci riguarda in prima persona. In Italia sono morti 560.390 esseri umani. Di essi 279.296 erano di genere maschile, e di conseguenza 281.094 appartenevano invece a quello femminile (non hanno ancora incluso altre varianti). 560 sono le persone assassinate: 401 uomini, 159 donne. Trovo questi dati nel volume che Libero è lieto di proporre ai suoi lettori. Glenda Mancini che lo firma non è un'opinionista, ma una scienziata della criminologia. I numeri sono del 2002, gli ultimi disponibili, però l'andamento è costante. E non per forza l'assassino è il merlo maschio. Come dice il titolo: Anche le donne uccidono. Quando è l'uomo a subire. E allora perché a un certo punto tutti abbiamo creduto che i “femminicidi” siano la specialità dell'assassinio all'italiana? Accendo il televisore, e sento la voce dolente dell'ottimo Francesco Giorgino che annuncia accorato al Tg1: «Ennesimo caso di femminicidio». D'accordo: anche fosse uno solo, è troppo. Questo tipo di espressione, che trasforma la cosiddetta “altra metà del cielo” in oggetto di genocidio perdurante, contiene un tasso di menzogna che non è rivelato solo dalle statistiche appena fornite, ma da un minimo di conoscenza della natura umana. La capacità di fare del male al prossimo, talvolta fino ad ucciderlo, non è una prerogativa esclusiva di chi nasce con il pistolino, ma è un vizio che alligna nella nostra razza (umana), e si deposita con equità nelle culle adorne di fiocco azzurro e rosa. Dipingere come fanno le femministe la sezione maschile come fornitrice impunita di killer della controparte è una generalizzazione che non depone a favore della parità intellettuale di uomini e donne, alla quale io credo fortemente. A proposito di “femminicidio”. Il termine comincia a fare la sua comparsa in Italia intorno al 2010. Era stato coniato in Messico, allorché furono scoperti veri e propri cimiteri di migliaia di ragazzine sparite dalle fabbriche di Ciudad Juarez, ai confini col Texas. Rapite, violentate, uccise. La denuncia di questo orrore, ad opera della criminalità organizzata, con il concorso di poliziotti corrotti, trovò questa sola parola come adeguata per la carneficina. E così, purtroppo, è diventato un luogo comune, che impedisce di ragionare, e frutta un sacco di soldi, a organizzazioni improvvisate che pretendono di tutelare le donne ed invece tutelano lo status sociale e gli affari di chi cavalca quest'onda. Glenda Mancini fa dei conti. Ha stabilito che la possibilità per una donna italiana di morire ammazzata è pari allo 0,06% contro il 49% dei casi dovuti ad infarto o altre patologie cardiocircolatorie e il 26% al cancro. In totale: il 99,94 per cento delle signore defunte e di quelle che (dice la statistica) defungeranno sarà per ragioni che esito a definire meno spiacevoli, ma comunque senza l'uso di revolver o coltello. Viceversa, si è affermata la legge della prevalenza del cretino. LA BUFALA E la bufala, detta anche fake news, ha trionfato grazie all'oracolo di “Emergency”, le cui frasi sono sempre prese per oro colato per timore di offendere Gino Strada e altri benefattori dell'umanità, e in grande stile grazie ai compagni di Laura Boldrini. È stata infatti Rifondazione comunista a diffondere un manifesto in tutta Italia, intitolato «Gli uomini picchiano le donne. La violenza maschile è la prima causa di morte per una donna dai 15 ai 60 anni». Come dire: gli uomini, tutti, picchiano le donne. Alcune muoiono. Ma se capita qualcosa, qualunque cosa, un litigio, una separazione, un contenzioso: il carnefice è di certo il marito, fidanzato, spasimante respinto o ex e la vittima la moglie, fidanzata, amante o ex. Non è ammessa tesi avversa. Se osi solo accennare alla presunzione di innocenza e alla necessità di rintracciare prove per dare addosso all'uno o all'altra, sei trasformato in complice, in basista del farabutto, in probabile violentatore. Ne so qualcosa: la mia ovvia osservazione, suffragata da esperienza diretta, della propensione femminile alle molestie, mi è valsa la qualifica di orco da un coretto di attrici e giornaliste con l'oro, anzi l'Argento in bocca, sebbene dalle mie parti non si chiami così. Glenda Mancini ha scoperto che in Italia ci sono stati in un anno 50mila casi di maltrattamenti riservati agli uomini. Per carità, sono certo più gravi e vergognosi quelli riservati alle donne. So perfettamente che circolare di notte è assai più pericoloso per una ragazza che per un giovanotto. Non ci scherzo su, e non ci piove. SEPARAZIONI Non è un buon motivo per chiudere gli occhi sulla sorte di tanti poveracci che, dopo aver commesso la stupidaggine di sposarsi, ne fanno una peggiore decidendo di separarsi e divorziare. Non sopportando più le angherie, se ne vanno. Ne sopporteranno di peggio oltre che dalla nuova signora, anche dall'antica. A parte le rivalse economiche, capita frequentissimamente siano infatti accusati oltre che di pestaggi alla loro ex moglie di abusi sessuali sui ragazzini (33 per cento dei casi!). E sono così costretti a tenersi lontani da loro, a prendersi la colpa e ad andare in malora per mantenere la donna per la quale vige in Tribunale il postulato femminista che ha ragione lei. Un postulato che si demolisce con una osservazione molto banale. Che la violenza e i maltrattamenti dentro le mura domestiche sia ad opera di ragazze o matrone è matematico almeno in una tipologia di denunce: quelle all'interno di rapporti e matrimoni saffici. Cito dal libro, e prendetevela con la Mancini: «Il tasso di maltrattamenti nelle coppie lesbiche (è) più alto che in quelle eterosessuali... Per le donne, il tasso di stupro nelle coppie lesbiche (11,4%) si rivelava superiore rispetto a quello delle coppie eterosessuali (4,4%)». Sfatiamo dunque almeno un luogo comune. Sono figli della prepotenza ideologica, sono coltivati dalla pigrizia, e nemici della realtà. L'assassino è sempre il maggiordomo. Nelle violenze domestiche, nei cosiddetti delitti di genere, il carnefice è il maschio, la vittima la femmina. Glenda Mancini apre un'altra prospettiva. La violenza di genere è di due generi. O forse tre. Non fatemi confondere. di Vittorio Feltri

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