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La ricca carriera del figliodel ministro Cancellieriche per i Ligresti è "idiota"

Ignazio Stagno
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Ora è capo dell'area finanza e controllo di Telecom Italia, ma Piergiorgio Peluso, classe 1968, bocconiano Doc, ha un curriculum di quelli che i cacciatori di teste tengono volentieri in evidenza sulla scrivania. Ma non perché sia il figlio del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, quanto per l'esperienza maturata: dopo la laurea in economia, inizia a Mediobanca ma nel 1998, fresco trentenne, sbarca al Credit Suisse come vicepresidente del settore fusioni e acquisizioni. Ma l'incarico gli va stretto: passano appena due anni ed è al Mediocredito Centrale,  gruppo Capitalia. Dove fa carriera: nel 2005 arriva la nomina a direttore centrale della banca di Geronzi. Poi, dopo la fusione con Unicredit, passa nella squadra dell'istituto di Piazza Cordusio, guadagnandosi la nomina a responsabile della divisione  investment banking.  Nel 2011 esce dal mondo bancario per approdare a quello delle assicurazioni, in Fonsai, dove arriva come direttore generale. Ma è quell'anno trascorso alla guida del gruppo già in equilibrio precario, che rischia di costargli caro. Soprattutto dopo la telefonata (intercettata e finita regolarmente sui giornali) fra mamma Anna Maria e l'amica di sempre, Grabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti. Era il 17 luglio scorso e la titolare del ministero di via Arenula rassicura l'amica: «Qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me…». Poche ore prima la Procura di Torino aveva ordinato l'arresto di tutti i Ligresti.  In verità la permanenza di Peluso alla Fonsai, quattordici mesi in tutto,  è da tempo sotto la lente dei magistrati torinesi. Per lo meno dalla scorsa estate quando hanno chiesto di intercettarlo per far luce sul senso ultimo delle decisioni che ha assunto da direttore generale nell'anno dell'aumento di capitale. Un bilancio chiuso comunque con una perdita superiore al miliardo di euro. Gli inquirenti hanno in sostanza un dubbio: ha agito per far pulizia nei conti oppure per escludere l'azionista di riferimento, i Ligresti?  Dubbi che si trasformano in certezze per Giulia  Ligresti, figlia di Salvatore, che in una telefonata intercettata parla del figlio della Cancellieri in termini tutt'altro che lusinghieri. «Gli danno una liquidazione di cinque milioni, invece che chiedergli i danni!», si sfoga al telefono con un'amica, «mi hanno detto che in consiglio nessuno ha fiatato. Sì, sì.. A mio padre di 85 anni avrebbero contestano quella cifra. Questo qui ha 45 anni, è un idiota. Perché  è venuto a distruggere una compagnia. Perché lo ha fatto proprio su mandato... 5 milioni e l'Italia non scrive niente». Comprensibile l'astio di Giulia: la famiglia rischiava di essere  estromessa dalle leve del potere nel gruppo assicurativo, anche se Peluso era sbarcato alla corte dei Ligresti chiamato proprio da papà Salvatore. A spiegarlo è Jonella, sorella di Giulia,   in un verbale d'interrogatorio del  23 luglio scorso: «Peluso era un manager di Unicredit che conosceva perfettamente i conti Fondiaria. Era persona che noi conoscevamo da tempo per via dell'amicizia tra i genitori di Peluso e mio padre. Per cui siamo stati proprio noi a proporgli di venire in Fonsai, sapendo che era al tempo stesso gradito a Unicredit». I rapporti si incrinarono quasi subito anche perché l'operato del manager lo portò  in rotta di collisione con gli azionisti di riferimento. A dividere fu la decisione di procedere con un aumento di capitale che Peluso giudica inevitabile: «I margini di solvibilità abbondantemente sotto la   soglia di legge», spiega ai magistrati che lo hanno sentito lo scorso mese di giugno come persona informata dei fatti, «rendevano ineludibile l'aumento  di capitale, nonostante le perplessità dell'azionista di   riferimento». Anche perchè, prosegue il figlio della Cancellieri, «le operazioni alternative» esaminate nel  cda del 29 novembre 2011 «richiedevano tempi  decisamente   superiori, incompatibili con le impellenze del momento».  Una spiegazione non del tutto convincente per  la Procura che però avanza dubbi non sul «come» sia stato condotto il tentativo di salvataggio, ma sul «perché». Nel documento col quale i pm  Vittorio Nessi e Marco Gianoglio domandano al gip  l'autorizzazione a  intercettare  Peluso,  si chiedono se sia stato «il   promotore di una vera e propria pulizia di   bilancio» o se non abbia agito «con l'intento di escludere l'azionista   di riferimento, la famiglia Ligresti, ovvero abbia fatto emergere lacune   e quindi falsità relative ai bilanci degli esercizi   precedenti». La risposta sarà decisiva anche per il prosieguo delle indagini. di Attilio Barbieri

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