Cerca
Logo
Cerca
+

La paura di Berlusconi:un patto tra Pd e 5 stelle

Il Cav punta a far cadere il governo, ma non sa come spiegarlo agli elettori. E vede con sospetto «alcuni movimenti» che preannunciano un esecutivo sinistra-grillini

Salvatore Dama
  • a
  • a
  • a

Nessuna illusione. Ad Arcore, dove trascorre la giornata in compagnia dei figli, Silvio Berlusconi attende l'esito della missione di Angelino Alfano senza particolari aspettative. Il segretario del Pdl è volato a Roma per incontrare Enrico Letta. Per dirsi, dopo essersi parlati addosso da giorni, come stanno effettivamente le cose. Quale sia la linea del premier e del suo partito, il Pd, sulla decadenza del Cavaliere dal seggio senatoriale. E se esistano ancora margini di trattativa per evitare l'irreparabile. Berlusconi ha già chiaro in testa come andranno le cose. Non perché abbia la palla di vetro, ma perché, spiega, «io quelli lì, i signori della sinistra, li conosco troppo bene». Non si illude nel miracolo diplomatico del delfino. E fa bene, visto l'esito dell'incontro.  Silvio è «amareggiato» e «rassegnato». Ce l'ha con Giorgio Napolitano. «Se io non chiedo la grazia, lui non alzerà un dito per garantire l'agibilità politica del leader dell'opposizione. E io non intendo chiederla. Sono innocente, non ho colpe da ammettere». Ed è assai arrabbiato, raccontano, anche con il presidente del Consiglio. Nel corso di un bilaterale Italia-Austria, il cancelliere  Werner Faymann dice che Silvio è il re dell'instabilità politica e Letta, che è lì al suo fianco in conferenza stampa, non fiata. Zitto. «E meno male che, in nome della stabilità, mi sono dimesso e sostengo da due anni governi con la sinistra. Che ingratitudine...». L'indifferenza lettiana sembra abbia anche rischiato di far saltare l'incontro con Alfano, programmato in serata. Visto l'esito, non sarebbe stato un dramma.  Berlusconi continua a non coltivare illusioni: non ci sono margini di trattativa con il Pd, non ci sono ultimatum di dieci o quindici giorni, c'è la Giunta per le elezioni convocata il prossimo 9 settembre. A meno di un rinvio (giudicato «improbabile» ad Arcore) per valutare la costituzionalità della legge Severino, è quello il D-day: se il Pd vota per espellere Silvio dal Parlamento, il governo va in crisi. È automatico.  Il Cavaliere, sicuro del precipitare degli eventi, però si pone il problema di come spiegare agli italiani la rappresaglia azzurra: «Ci bolleranno come irresponsabili, ci pioverà addosso ogni insulto, diranno che siamo la rovina di questo Paese, che la crisi economica è colpa nostra», riflette. Tuttavia sa anche benissimo che  «non si può rimanere alleati con i nostri carnefici, con chi ci odia dal profondo del cuore». Berlusconi ha poi un altro presentimento: la caduta del governo non significherebbe l'automatico il ritorno alle urne. Silvio valuta uno scenario in cui possano entrare in gioco i grillini per surrogare l'uscita dalla maggioranza del Popolo della libertà. Nascerebbe una nuova coalizione benedetta dal Quirinale e tenuta unita dall'antiberlusconismo. Il Letta bis non è più guardato come un'opzione lunare nei discorsi che in questi giorni l'ex premier ha fatto ai dirigenti in visita a Villa San Martino. Certo, è una eventualità che il Pdl potrebbe scongiurare facendo dimettere in massa i propri parlamentari. Berlusconi sa bene che l'unione tra postcomunisti e grillini significherebbe leggi punitive per le sue aziende e nuove regole di voto tagliate a misura dei propri estensori.  Si vedrà. Ad oggi la situazione resta fluida e incasinata. Venerdì, al più tardi sabato, il Cavaliere riunirà lo stato maggiore azzurro nella sua villa in Brianza. Bisogna studiare un modo per cavarsi fuori da questa situazione scomoda, riuscire a fare cadere il governo  senza rimanere sotto le sue macerie. Intanto la diplomazia parallela non si ferma. Prosegue il tentativo di approfondimento della legge Severino, nelle parti in cui prevede la retroattività delle norme penali. Il Pdl insiste nel chiedere che la vicenda sia portata all'attenzione della Corte Costituzionale sperando di ottenere l'appoggio di alcuni esponenti del Partito democratico. Tentativi ai quali Berlusconi dice di non credere, ma lascia fare. Oramai l'ex capo del governo non si fa più illusioni. E, se il suo destino si deve compiere, che sia il prima possibile.

Dai blog