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Putin prepara la guerra a Trump ed Europa: 100mila soldati e i temutissimi carri armati

Giulio Bucchi
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Mentre il vicepresidente americano Mike Pence completava il viaggio diplomatico che l' ha portato negli ultimi giorni in Estonia, Georgia e Montenegro, rafforzandovi l' influenza occidentale, e mentre dal Cremlino il portavoce di Vladimir Putin, Dimitri Peskov, criticava di nuovo l' aumento delle forze Nato schierate nei paesi baltici e in Polonia, il New York Times ha lanciato ieri l' allarme sul probabile schieramento, a fine estate, di 100.000 soldati russi sui confini orientali dell' alleanza. Il giornale si riferiva all' esercitazione congiunta fra Russia e Bielorussia, denominata "Zapad 2017", laddove "Zapad" in russo significa "Occidente". Le manovre, in verità, non sono una sorpresa. Da tempo programmate per la settimana dal 14 al 20 settembre, prevedono un dispiegamento di 13.000 uomini, la maggior parte bielorussi e solo 3000 russi. Mosca invierebbe in Bielorussia, dall' alleato presidente Alexander Lukashenko, 25 aerei da combattimento e 280 mezzi terrestri, fra carri armati e veicoli d' appoggio. Il quotidiano newyorchese sostiene però, sentiti i generali del Pentagono, che se l' esercitazione ufficiale comprenderebbe solo quei 13.000 uomini, essa sarebbe inscritta in un più vasto movimento di truppe nella Russia Occidentale, le cui stime oscillerebbero «fra 60.000 e 100.000 uomini». Nel dettaglio, a Smolensk, presso i confini bielorussi, verrebbe dislocata una nuova divisione meccanizzata con 800 carri armati, 300 pezzi d' artiglieria e 12 veicoli lanciatori di missili tattici Iskander. Gli americani rimarcano inoltre l' arrivo di un' armata corazzata che era stata ai tempi dell' Unione Sovietica una delle unità carriste di elites con la stella rossa dipinta sulle torrette dei cingolati, la 1° Armata Corazzata della Guardia, riattivata nel 2014 dopo che era stata smantellata nel 1998. E che nel 2017 verrà dotata dei primi esemplari operativi del nuovissimo carro da battaglia T-14, ancora misterioso e forse migliore dei carri occidentali. Il generale Frederick Hodges, a capo dei reggimenti dell' US Army schierati in Europa, dice: «Siamo preparati, ma non ce ne staremo fermi al balcone ad aspettare che qualcosa succeda». L' Armata della Guardia riflette la tradizione sovietica secondo cui i reparti militari chiamati "Gvardeiskij", appunto "della Guardia", erano i reparti di punta, i più aggressivi. Un altro generale americano, Philip Breedlove, ex-comandante Nato, rileva: «Quel nome è stato scelto per una ragione. Manda un chiaro messaggio ai paesi baltici e alla Polonia». Se Washington punta il dito sulle truppe di Putin, è però anche vero che il Cremlino reagisce alla crescita, ormai da tre anni, della presenza militare della Nato sui suoi confini, cagionata, sì, dalla crisi in Ucraina e dall' annessione della Crimea, questioni però che i russi hanno sempre considerato di pertinenza della loro sfera d' influenza. Ieri, dopo essere stato fra domenica e lunedì in Estonia, a cui ha promesso rinforzi di 700 paracadutisti americani, il vice di Trump, Pence, è stato in Georgia, rassicurandola sul fatto che «un giorno aderirà alla Nato». Frase che ai russi può sembrare minacciosa, dopo che già nel 2008 Putin combattè una guerra limitata contro il governo di Tblisi, che non riconosce le repubbliche dell' Abkazia e dell' Ossezia del Sud, alleate di Mosca. E poiché Pence ha ancora ieri ricordato l' articolo 5 della Nato, secondo cui «un attacco contro uno di noi è un attacco contro tutti», ciò non fa presagire nulla di buono, ossia la possibilità di un conflitto amplificato. Pence rincara inoltre la dose visitando il Montenegro, dov' è giunto ieri sera e si tratterrà oggi, per accelerare «l' integrazione atlantica della regione», in altre parole circondare la Serbia, che fedele al rapporto secolare con la Russia, è rimasta neutrale e in buoni rapporti con Mosca. Il portavoce di Putin, Peskov, l' ha detto ieri chiaro: «La Russia rispetta i rapporti dei paesi vicini con gli Usa e con altri paesi del mondo, ci preoccupa l' ampliamento di diverse alleanze e il rafforzamento delle infrastrutture militari di queste alleanze verso i confini». Getta benzina sul fuoco anche il segretario alla Difesa americano James Mattis che, nelle stesse ore, si è detto pronto a fornire all' Ucraina armi per contrastare le repubbliche filorusse di Donetsk e Luhansk, soprattutto missili anticarro Javelin, sebbene abbia ricordato che la decisione finale spetterà a Trump e che potrebbe prendere alcuni mesi. A rafforzare il clima da guerra fredda, ieri pomeriggio il personale diplomatico americano ha evacuato un complesso di dacie al parco di Serebryany Bor, in linea con la graduale espulsione di 755 diplomatici americani annunciata da Putin nei giorni scorsi. di Mirko Molteni

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