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Fiat, vertice col governo: "Il Lingotto resterà in Italia"

Marchionne e Monti

L'incontro a Palazzo Chigi tra Monti e Marchionne dura quasi sette ore. Il comunicato: "Lavoro congiunto per rafforzare l'azienda"

Andrea Tempestini
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Tutti gli occhi erano puntati su Palazzo Chigi, dove il vertice tra Fiat e il governo è stato fiume, un lungo braccio di ferro lungo quasi sette ore, iniziato alle 16 e terminato poco prima delle 22.  Al termine del vertice, da parte di Fiat sono arrivate rassicurazioni: l'impegno è quello di "salvaguardare la presenza in Italia". Il Lingotto, si legge in una nota diramata da Palazzo Chigi, "conferma gli investimenti in Italia nel momento idoneo". Per il piano Fabbrica Italia, insomma, la porta resta socchiusa: non è accantonato definitivamente ma rimandato al momento più propizio. "Governo e Fiat - si leggeva - hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell'azienda. In particolare - proseguiva il comunicato - un apposito gruppo di lavoro sarà costituito presso il Mise per individuare gli strumenti per rafforzare ulteriormente le strategie di export del settore automotive". Al tavolo chiesto dal governo, c'erano l'ad del Lingotto, Sergio Marchionne, e il presidente John Elkann, che poco prima dell'incontro si sono concessi una passeggiata per il centro e un caffè a un celebre bar di Sant'Eustachio. Per l'esecutivo, c'erano il premier, Mario Monti, il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, quello del Lavoro, Elsa Fornero, il titolare del dicastero per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà. "Export extra-europeo" - Come detto, Fiat ha "confermato la strategia dell'azienda a investire in Italia, nel momento idoneo, nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente della ripresa del mercato europeo". E ancora, i vertici del Lingotto hanno "manifestato l'impegno a salvaguardare la presenza industriale del gruppo in Italia, anche grazie alla sicurezza finanziaria che deriva soprattutto dalle attività extraeuropee". Fiat, inoltre, è intenzionata a "riorientare il proprio modello di business in Italia in una logica che privilegi l'export, in particolare extra-europeo". Da parte sua, "il Governo ha apprezzato i risultati che Fiat sta conseguendo a livello internazionale e l'impegno assunto nel corso della riunione a essere parte attiva dello sforzo che il Paese sta portando avanti per superare questa difficile fase economica e finanziaria". La nota congiunta sottolinea che "al  termine della riunione, Governo e Fiat hanno concordato di impegnarsi per assicurare nelle prossime settimane un lavoro congiunto utile a determinare requisiti e condizioni per il rafforzamento della capacità competitiva dell'azienda". "Fiat sta bene" - Già in mattinata, Marchionne aveva rassicurato tutti dicendo: "La Fiat sta bene". Poi le parole del premier, che ha mostrato un apparente distacco dalla questione: ai gioranlisti che chiedevano se fosse fiducioso per il summit ha risposto dicendo di avere "diversi incontri, oggi...". Quindi, prima dell'incontro, le parole della Fornero: "Un ministro deve avere fiducia, e io sono fiduciosa". Poi la precisazione: "Marchionne deve dare i chiarimenti che sono necessari per resituire fiducia alle persone e quindi bisogna sapere quali sono le prospettive". "In Brasile andiamo bene..." - Venerdì 21 settembre, il giorno della vigilia, da San Paolo, in Brasile, Sergio Marchionne aveva alzato il livello della tensione rispondendo alle parole pronunciate in settimana da Passera: "Sono felice che si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese - ha dichiarato l'ad di Fiat -. Certamente non gli sarà sfuggito che il Governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell'industria automobilistica. Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali". Un messaggio diretto: il manager italo-canadese chiede (altri) aiuti al governo, invoca delle agevolazioni per il gruppo e per l'industria automobilistica. "In particolare - aveva proseguito Marchionne - per lo stabilimento nello stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti fino all'85% su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro. A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni". Per la Fiat, sottolinea l'ad, "l'ultima operazione del genere in Italia si è verificata all'inizio degli anni novanta per lo stabilimento di Melfi. Sappiamo bene - ha chiosato il manager del Lingotto - che, considerando l'attuale quadro normativo europeo, simili condizioni di finanziamento non siano ottenibili nell'ambito dell'Unione europea". La polemica - Marchionne, nei giorni scorsi, aveva ribadito di "voler sopravvivere alla tempesta con l'auto di quella parte dell'azienda che va bene in America del Nord e del Sud". Quindi era arrivata la replica di Passera, la frase "incriminata" che ha innescato la risposta dell'ad che, di fatto, chiede agevolazioni: "Non sta scritto da nessuna parte - disse il ministro - che in Europa non si può guadagnare costruendo automobili, tanto è vero che si contano diversi casi positivi e di successo. Sono certo che la Fiat abbia la volontà di produrre con successo anche in Italia e in Europa".  

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