Attilio Fontana, altro agguato dei pm: "Torna nel tritacarne, gli pubblicheranno le telefonate del cellulare clonato"
Anzitutto una domandina. Che fine faranno le conversazioni via chat, i messaggi, le telefonate fatte e ricevute, contenute nel telefonino di Attilio Fontana, governatore della Lombardia che l'altro ieri si è visto estrarre dal suo cellulare tutti i dati ivi contenuti, con provvedimento coattivo dei pm di Pavia? Un'idea ce l'avremmo. C'è una famosa gag di Fiorello, dei tempi in cui non era ancora vietato fumare negli alberghi. Il comico raccontò che i portaceneri si incamminavano da soli deponendosi nella valigia del cliente appena arrivato in camera: avevano interiorizzato l'abitudine a diventare bottino dell'ospite. Lo stesso capita alle intercettazioni segrete e segretissime. Esse si spostano per questioni genetiche direttamente dagli uffici della Procura alle scrivanie di giornalisti predestinati. E non ci si può far nulla da decenni. Andrà così, anche stavolta? Lasciate ogni speranza o voi che siete intercettati, come scrisse Dante in altro contesto. Com' è andata la faccenda fontanesca? Drinn... Toc toc... Chi è? Aprite, è la guardia di finanza. Si sono i presentati all'uscio della casa di Varese alle 7 del mattino in cinque tra ufficiali e agenti. Una invasione da operazione antimafia. Una retata di camorristi? Ma no, tranquilli. Dovevano ricopiare il telefonino, come fanno nei negozietti cinesi per riportarli su un altro apparecchio. Bastava - ammesso e non concesso sia stato congruo - un agente solo, alle nove, in ufficio, senza mimare l'orda di Genghis Khan.
ATTO INTIMIDATORIO
Insomma. Quello subito dal governatore Attilio Fontana all'alba di mercoledì 23 settembre è un atto intimidatorio, una maniera con cui il potere giudiziario mette il suo calcagno sul collo dell'autorità politica democraticamente eletta, senza nessun rispetto e tutela sia della persona sia della istituzione che rappresenta? Si vuole marcare facendo sentire i rumori degli zoccoli della propria cavalleria pesante, la gerarchia dei poteri in Italia? Qui si mette per puro scrupolo il punto di domanda. Ma quando si apprendono certe modalità di esecuzione di questo provvedimento giudiziario il segno ortografico interrogativo casca giù sotto i tacchi insieme ad un paio di ghiandole che non riescono ad abituarsi al fatto che siamo nell'Italia del (non) processo a Palamara. Il fatto, al di là del particolare (?) inedito, era noto nei suoi elementi essenziali. Già quelli riferiti nelle cronache - e minimizzati come fisime da garantisti - urtano contro lo Stato di diritto, in perfetta consonanza con la ratio - forse - un tantino persecutoria e un pelino anticostituzionale dell'irruzione mattutina. Come si giustifica? Si giustifica molto poco. Il governatore non è indagato e non esistono indizi che portino a lui o al suo telefono come luogo del crimine, perché in quel caso ci sarebbe stato un avviso di garanzia.
DIRITTI VIOLATI
Chiaro che scoprire la verità su un ipotetico reato impone di indagare senza riguardi per nessuno, ma si tratta di non abusare degli strumenti di cui i pm dispongono sulla base della legge, la quale impone che si resti nel suo alveo. Chi non è neppure indagato e dunque non può neppure difendersi può essere privato di diritti fondamentali quali «la libertà e la segretezza» della corrispondenza (art. 15 della Costituzione) sulla base di una supposizione? E chi è in rapporto con lui per ragioni di qualunque tipo, privatissime o istituzionali, non ha il diritto a sua volta che quel che dice e scrive non sia posto alla mercé di chi non era destinato a leggere e udire. Certo, il medesimo articolo della Costituzione prevede che la segretezza sia sospesa sulla base di disposizioni dell'autorità giudiziaria. Questa lacerazione del diritto alla propria sfera di inviolabilità ha una base di pasta frolla: siccome Fontana è presidente della Regione Lombardia in tempo di Covid, e l'indagine in corso riguarda rapporti ipoteticamente criminali tra la dirigenza ospedaliera dell'ospedale San Matteo di Pavia e una ditta farmaceutica a proposito di Covid, forse qualcuno di costoro gli ha telefonato o mandato un messaggio. Magari lo hanno mandato anche al ministro Speranza, visto che si occupa di Covid e contende alle Regioni il loro territorio di decisioni, oppure al commissario straordinario Arcuri, o - perché no - a Conte. Perché non spedire a costoro a i Ros all'alba per ricopiare i telefonini? Ci sarebbe anche l'art. 68 della Costituzione che tutela in modo assoluto le comunicazioni di parlamentari. E' ovvio che ce ne siano un mucchio dentro il telefonino della Regione più grande d'Italia. Esiste o no un limite all'onnipotenza dei magistrati?