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Filippo Facci, bordata agli ambientalisti in piazza: protestano ma le emissioni sono calate

Filippo Facci
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Raccontategli questo, a quelli che fanno i paragoni tra popolo italiano e anglosassone sullo sfondo del Covid-19: raccontategli che ieri (in teoria) sono tornati in classe due milioni di studenti (Abruzzo, Calabria, Campania, Basilicata, Puglia) oltre ai 5,6 milioni che (sempre in teoria) hanno iniziato il 14 settembre: e che parte degli esordienti, però, è andata direttamente a fare una manifestazione, già, l'assembramento per definizione. Raccontategli, pure, che un'altra parte di studenti e personale scolastico era già rimasta a casa da venerdì 18 per via della decisione governativa di fissare le elezioni regionali e il referendum domenica 20 e lunedì 21, senza contare i casi particolari di Napoli dove tutte le scuole inizieranno oggi o lunedì come pure accadrà a Catanzaro, Andria, Trani, Adelfia e Bitonto, e senza contare altre eccezioni (Olbia, Torre del Greco, più tutta la didattica online contrapposta a quella normale) e però contando soprattutto, appunto, la stra-cazzata di ieri e oggi: che si sono messi subito a manifestare.

 

 

SLOGAN VUOTI
Per che cosa? In teoria (qui è tutto in teoria) per le solite questioni per le quali si potrebbe manifestare sempre: precariato, carenze di spazi, «classi pollaio» e casino vario, perché intanto si continuerà con le mascherine e le finestre aperte anche d'inverno; aggiungiamoci la novità dei «precari Covid», cioè il cospicuo numero di docenti e personale della scuola licenziabile in caso di lockdown: vogliono restare a scuola e allora ieri non ci sono andati. Loro almeno parlano di lavoro, non come i paraculi globali di «Fridays for Future» (ieri era venerdì) che proprio ieri hanno pensato di indire «una nuova giornata di azione globale» «affinché la crisi climatica non venga dimenticata all'ombra del Coronavirus». Parliamo di studenti ma anche di insegnanti. Ah, c'è Greta Thumberg che ieri si è unita a un gruppo di dimostranti davanti al Parlamento svedese. Ecco, l'abbiamo scritto. Parentesi eco-catastrofista: il Covid non ha messo in ombra «la crisi climatica», l'ha proprio cancellata nel suo risvolto conformista-estremista stile Greta Thumberg: come è noto, l'irripetibile stop mondiale è stato superiore a qualsiasi auspicio (si sono fermate persino le pestilenziali fabbriche cinesi, le auto sono rimaste parcheggiate, decine di migliaia di voli sono stati cancellati) ma sono fioccati studi che hanno misurato gli effetti della pandemia sulle emissioni e hanno dimostrato come la concentrazione di CO2 (l'anidride carbonica, il principale gas serra) sia risultata trascurabile a dir poco. Inoltre, notizia dell'altro giorno, l'Agenzia Europea per l'Ambiente ha appena spiegato che quest' anno le emissioni sono scese del 4% sul 2018 - che fanno 24% rispetto al 1990 - e insomma risulterebbe già abbondantemente superato l'obiettivo europeo di ridurre le emissioni del 20% entro il 2020. Però, ieri, studenti e insegnanti hanno manifestato per il clima.

SOLITI PROTAGONISTI
Restando prettamente in Italia, poi ci sono i sindacati: i quali manifestano ufficialmente oggi ma facevano capolino già ieri - è il loro lavoro - e potete saltare il seguente elenco di aderenti, noi dobbiamo registrarlo: sindacati di base Usb P-I Scuola, Unicobas Scuola e Università, Cobas Scuola Sardegna e Cub scuola. Sciopero. Poi ancora gli studenti (ma saranno pochi, vedrete) e grande consacrazione in piazza del popolo dalle 15: il movimento «Priorità alla scuola» saluta la presenza di Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Cobas. Bene. Bravi. Molto popolare. È il periodo giusto. Dimenticavamo, quasi, di menzionare per oggi un puntuale sciopero dei mezzi pubblici (indetto dall'Usb dei trasporti) e anche per questo il presidente dell'Associazione nazionale dei presidi scolastici (che esiste) ha fatto sapere alle famiglie che «non potrà essere garantita la didattica». Insomma, avete capito: è tutto surreale, e la noia è vostra nel leggere e nostra nello scrivere. Infatti le manifestazioni studentesche, ieri, sono state un flop (pochissimi a Milano, Roma, Genova, Napoli, Perugia, L'Aquila e Siracusa: lo scrive l'Agenzia Italia) e chissà come andrà oggi anche a «studenti, discenti, educatori e genitori» che domani dovrebbero ritrovarsi a Roma provenendo da trenta città. Saranno vagliati uno per uno (al termo scanner) e dovranno avere la mascherina. Sempre più assurdo: nulla è come prima, tranne la recita scolastica, sindacale, sociale, nazionale. Mentre il governo è contento: perché ha riaperto le scuole, dice. 

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