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Enrico Letta, "uomo pieno di rancori". Il tweet su Trump, Salvini e Meloni che "gli costerà il Quirinale"

Alessandro Giuli
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Enrico Letta è un uomo pieno di rancori mal repressi ed è logico che approfitti della prima occasione utile per scaricarne il peso dove capita. Non ha ancora superato la rimozione forzata, per opera di Matteo Renzi (#enricostaisereno!), del suo letargico esecutivo messo in piedi dal compassionevole Giorgio Napolitano dopo le elezioni del 2013. Letta jr. si può definire come un perdente di successo, ha un rapporto facilitato ma problematico con il potere che gli deriva dal lignaggio famigliare (è nipote dell'inarrivabile Gianni) e soprattutto dalla vetusta cordata tecnocratica che da Beniamino Andreatta arriva fino a Enrico passando per il filocinese Romano Prodi.

Gente che pensa anche quando conta poco o niente nelle urne e nei numeri del Parlamento. Bene, oggi il giovane Letta vive una sua second life di accademico in attesa della prossima chiamata come riserva della Repubblica; sdottoreggia dall'Institut d'études politiques francese (appendice della prestigiosissima Grande Ecole di Science Po), sempre più fedele a Parigi che a Roma; partecipa da lontano al dibattito pubblico italiano trasudando una divorante ansia di riscatto. Obiettivo: il Quirinale, secondo gli osservatori più addentro alle segrete stanze. Ma per conquistare il Colle presidenziale, è scritto a pagina uno nel manuale immaginario dell'uomo di Stato, bisogna essere una figura di raccordo istituzionale e di mediazione.

E a Letta jr. tali qualità fanno difetto. Sebbene abbia ripreso la tessera del Pd nel 2019 con la segreteria di Nicola Zingaretti, investendo sul successore di Renzi per rientrare nel giro delle grandi nomine, il suo partito lo vedrebbe meglio parcheggiato al Campidoglio dall'anno prossimo, a riempire le buche della Capitale abbandonate da Virginia Raggi. Lui ovviamente si è già defilato dalla "piccola" contesa romana - «L'ho già detto e lo ripeto, io non sono romano, faccio altre cose Penso sia importante che per Roma ci sia un bravo o una brava sindaca romana. Ce ne sono tanti» - e tuttavia un vasto programma come il suo si scontra con un carattere inguaribilmente ombroso.

 

 

 

Su Twitter - Per comprendere la sua difficile relazione con la complessità del mondo politico, basta vedere come il nipote d'arte sta impugnando la vittoria di Joe Biden alle presidenziali americane: una clava per bastonare quelli che avrebbero potuto diventare suoi elettori per il dopo Mattarella. L'account di Twitter è assai rivelativo, al riguardo: dopo aver dato dei menagrami ai leghisti filorepubblicani con la serietà di un adolescente formatosi su Tik Tok, qualche giorno fa Enrico ha postato due foto che ritraggono il diabolico guru trumpiano Steve Bannon con Giorgia Meloni e con Matteo Salvini, corredandole con questa didascalia: «A sinistra, nelle foto, quello che suggerisce a #Trump di esibire la testa decapitata di #Fauci davanti alla #CasaBianca in reazione alle urne. Non so cosa ne pensano quelli a destra nelle foto». Quelli a destra, come li chiama lui, e che per inciso rappresentano peraltro il 40 per cento degli elettori italiani, sono diventati pure il bersaglio immaginario d'un passaggio dell'intervista che lo stesso Letta ha concesso pochi giorni fa a Repubblica: la sconfitta di Trump «è un colpo durissimo perché la vera forza del sovranismo è stata avere il suo leader più rappresentativo a capo della più grande potenza del mondo. Venuto meno il megafono della Casa Bianca, quel messaggio è destinato a sgonfiarsi». Non sembra proprio una grande idea, quella di cullarsi nell'illusione che assieme a Trump finisca nell'angolo l'istanza di protezione sociale e sovranità decisionale rivendicata dai ceti popolari.

Tappabuche - Oltretutto Letta e i suoi non pochi colleghi goscisti ammalati di strabismo politico, non soltanto contraddicono con questa protervia il messaggio pacificatore e conciliatorio espresso dal neovincitore Biden, ma si lamentano poi se le opposizioni di centrodestra rispediscono al mittente le pelose richieste di condivisione avanzate da Giuseppe Conte nel momento in cui comincia a dissolversi la connessione sentimentale tra il premier italiano e i cittadini esasperati dalla pandemia. Esiste anche un'arte di saper vincere e nel caso di Letta qui si tratta di una vittoria altrui, con in mezzo l'Oceano Atlantico, perché lui nella vita non ha mai vinto alcunché di rilevante. E se il rancoroso nipote persisterà a esprimersi con questo registro, c'è da scommettere che finirà per rimpiangere quel posto da tappabuche romano rifiutato con parigina alterigia. Altro che Quirinale.

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