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Matteo Renzi, Renato Farina: critiche lucide a Giuseppe Conte, gli manca il coraggio di andare fino in fondo

Renato Farina
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Matteo Renzi è coerente, addirittura tetragono. Non passa giorno senza che il senatore toscano intoni la sentenza: «Conte è immobile». Oppure: «Il governo è immobile». C'è un iper testo. Lo percepiamo anche noi ignoranti. È una vibrazione dell'aria, una scritta in inchiostro simpatico che esce dalla bocca di Renzi come nei fumetti: «Spostati Conte, il tuo tempo è scaduto». In milioni diciamo: dài, fallo, schiaccia il bottone, manda una letterina, una paroletta e vedrai che quello non sarà più lì, immobile, incollato a Palazzo Chigi, e torna a mettersi la paglietta da avvocato di provincia miracolato da una cattedra universitaria. C'è un problema. Renzi è immobile pure lui. Sposta sempre più in là, di una settimana, di un giorno, di un'ora l'attimo fatale. Ed eccolo finalmente siamo pronti a scommetterci: la campana suona per Conte, è fatta. Matteo sta muovendo il labbro per dire un bel «no», ma qualcuno deve avergli rubato l'orologio o tolto l'audio, perché Conte è ancora lì, sereno e quieto, ma non come Enrico Letta, bensì come Willy Wonka nella sua fabbrica di cioccolato che adesso produce Dpcm ormai più numerosi dei vaccini.

«DI RINVIO IN RINVIO»
Le motivazioni che fornisce Renzi al proprio scontento per il "suo" premier (di fatto l'ha insediato lui nell'agosto del 2019) non sono fantasiose come le sue diapositive di quando aveva il 40 per cento. Hanno la faccia dell'impotenza e dell'inettitudine davanti all'emergenza. Casca il mondo, l'Italia rotola e il premier gioca con il consenso, si muove non nel dramma, ma immerso nella «cultura del Grande Fratello», dove «contano i follower» e non i dati dell'Istat. E quando prova a far qualcosa non usa procedure democratiche, preferisce servirsi di 300 esperti per preparare i piani di investimento e di gestione dei 209 miliardi del Recovery plan, salta qualsiasi confronto con maggioranza, ministri e parlamento. Ripete il fondatore di Italia Viva: «Gli ho mandato 64 proposte» . E lui? «Niente. Un post retorico su Facebook. Risposte sprezzanti». Per molto meno nell'Ottocento si spedivano cannoniere ai Dardanelli o ci si dava appuntamento con i padrini e le pistole fuori dal convento delle carmelitane scalze. Tutti a questo punto aspettano il rumore per noi graditissimo del rovinare a terra di un seggiolone a Palazzo Chigi.

 

Basta un colpetto con il mignolo e il trono dell'Avvocato del popolo va in frantumi. Poi confessa a Repubblica: «Si vive di rinvio in rinvio». Parlava di Conte e del suo governo. Be', forse parlava anche di sé stesso: il famoso redde rationem, sembra sempre dietro l'angolo, con lui che dice «bau» e quello con la pochette tra le gambe molla tutto per la paura che gli fa. Questo articolo potevamo scriverlo cinque giorni fa, forse dieci. Non accade mai niente. Renzi sembra lo specchio di Conte. Immobile. Tutt' e due immobili. Si dicono cose a volte tremende altre volte buffe. Ma poi se ne stanno lì a guardarsi in cagnesco o in gattesco. Fermi. Renzi a differenza di Conte ha la spada in mano. Sembra levarla in alto per abbatterla sul capo del premier detestato. Poi si ferma. Manda avanti la ministra Teresa Bellanova a dire che è pronta a dimettersi, che non c'è più spazio per ripensamenti. Ma ecco che Conte tranquillo e sereno produce un nuovo Dpcm, e poi tutti a nanna, sino alle rispettive boccacce del giorno dopo. Possiamo dirlo? A Matteo Renzi stavolta manca un filo di coraggio.

Ha fatto un discorso perfetto per giustificare la propria sfiducia a questo governo. Non ha usato il politichese nell'incolpare Conte non di un cattivo carattere ma di inadempienze nel campo delle vaccinazioni, nella politica delle chiusure alla brutto demonio, nelle decisioni sulle scuole che bruciano la gioventù. Ha messo nero su bianco obiezioni formidabili in numero di 30 che ha consegnato a Goffredo Bettini (Pd), consigliere di Zingaretti. Ha ricevuto in cambio proposte dove viene trattato da pappone. Gli alzano il prezzo della marchetta, con qualche ministero gradito, voce in capitolo sui servizi segreti, aggiustamento del Recovery plan spostando da qui a là qualche miliardo per dargli il pretesto di ritirare il malumore sostenendo di aver vinto. In realtà, Renzi è troppo intelligente per accettare, e se non per ragioni morali, almeno per convenienza, non può più tornare indietro. Sarebbe la sua rovina politica, con una uscita meschina dal palcoscenico con una borsetta di trenta denari. Farebbe durare sé stesso, i suoi 18 senatori e i suoi 30 deputati di Italia Viva con un stipendio senza decoro fino alla fine della legislatura, e poi ciao. Il bene dell'Italia e di Italia Viva esigerebbero il colpo di maglio, nobile e glorioso. Ma ha paura che così facendo anticiperebbe soltanto la propria fine com' è capitato a Fausto Bertinotti. Passerebbe per colui che ha aggiunto all'emergenza del Covid quella di Renzi l'Irresponsabile. In realtà irresponsabile è chi consente a Conte e alla sua ciurma di continuare a farci del male. Renzi teme le reprimende di Mattarella, a cui seguirebbero le fucilate ad altezza d'Uomo (e della sua famiglia) di Procure e mass media amici.

 

«FA' QUEL CHE DEVI...»
Ecco allora che Renzi tenta in ogni modo di far saltare fuori la rana Conte dalla palude in cui si è acquattata, spingendola verso un incidente in aula o fuori dall'aula che ne trasferisca la salma politica nella sua amata Foggia. Andreottianamente Matteo aspetta che la volpe Conte finisca in pellicceria. Poi verrà da sé un governo diverso, sicuramente meglio di questo, perché peggio di così è impossibile. Magari pure le elezioni, da combattere per Renzi in un torneo a cavallo con le piume intatte e lasciando al Pd la squallida alleanza con il M5S. Attendismo però non fa rima con renzismo. Meglio rischiare di spaccarsi le ossa, che trasformarle in gelatina adatta a ogni stampino. Noi restiamo dell'idea che troppa tattica in politica sfinisca chi la pratica e faccia perdere la pazienza ai cittadini, che non capiscono la tiritera. Come scrisse Kant: fa' quel che devi, accada quel che può. 

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