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Mario Draghi deve dimostrare ora di essere Super Mario: Recovery Fund, perché il difficile inizia adesso

Sandro Iacometti
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E ora? Certo, Mario Draghi ha rimesso in carreggiata, non senza qualche scossone, anche recente, il piano vaccinale, ha proseguito, senza strabilianti accelerazioni, la distribuzione di aiuti a famiglie e imprese, e ha messo ordine nei brogliacci del Recovery plan che l'ex premier Giuseppe Conte aveva raccolto in maniera un po' raffazzonata. Un lavoro, quest' ultimo, che ieri è stato ricompensato con una promozione a pieni voti da parte della Commissione europea. Evento a cui l'Italia, va detto, non è propriamente abituata. Ma la sensazione è che Draghi abbia preso la pagella ancor prima di aver fatto gli esami. Intendiamoci, i bei voti se li merita sicuramente sulla fiducia per la sua storia e il suo lavoro passato. E anche perché, forse la cosa più difficile che ha fatto finora, è riuscito a creare un sorta di governo di unità nazionale per superare il momento difficile.

 

 

D'altra parte, è stato lui stesso, quando si è presentato alle Camere lo scorso febbraio, a chiedere di essere «giudicato sui fatti e non per quello che sono». Aggiungendo poi: «Le aspettative non mi pesano. Mi auguro che le future delusioni non siano uguali all'entusiasmo che c'è oggi. E' il minimo che mi aspetto». Ebbene, le aspettative e l'entusiasmo ci sono ancora. Soprattutto dopo il via libera della Ue al Pnrr. Ora si tratta di evitare le delusioni. E l'unico modo per farlo, come ha detto il premier ieri, è quello «di spendere i soldi del Recovery tutti, bene, ma soprattutto con onestà». Già tutti e bene, a dire il vero, ci sembrerebbe già un gran risultato. Anche perché i tempi sono stretti e l'Europa che ora ci porta in trionfo per la lungimiranza del nostro piano tra qualche settimana impugnerà la lente di ingrandimento per verificare il corretto utilizzo anche dei singoli centesimi.

 

 

Tra un sorriso e un "caro Mario", Ursula von der Leyen ieri lo ha detto chiaramente: la Ue vigilerà e il viaggio non è finito, ma appena iniziato. Tra quattro settimane i quattrini arriveranno in cassa, e Draghi dovrà davvero trasformarsi in super Mario per evitare che il denaro scompaia in un faldone dimenticato in qualche ufficio pubblico, nelle tasche di qualche furbacchione o che resti semplicemente lì, sul conto della Tesoreria dello Stato, in attesa di essere speso. Per scongiurare il rischio l'ex capo della Bce dovrà dirigere un'orchestra dove nessuno strumento, dai partiti ai funzionari pubblici, dai tecnici alle grandi stazioni appaltanti, potrà permettersi di suonare fuori sincrono. Lui, con la forza dell'ottimismo, si dice convinto che c'è «la volontà politica di portare avanti le riforme attese da decenni». Ora il tempo delle aspettative e degli annunci è finito. O arrivano i fatti o saranno guai. Draghi se la caverà comunque. Noi, non è detto.

 

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