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Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, indiscreto-Senaldi: perché la pace conviene a tutti nel centrodestra

Pietro Senaldi
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Il centrodestra ha finito le vacanze ieri. Da domani è in ferie. Il pranzo di Giorgia Meloni da Silvio Berlusconi a villa Certosa doveva servire a tirare una riga su tutto quello che è successo nella coalizione dall'avvio del governo Draghi, che di fatto ha messo Fratelli d'Italia da una parte della barricata e Forza Italia e Lega dall'altra, e gettare le basi per ripartire dopo Ferragosto, compatti nella campagna elettorale per le Amministrative nelle città più importanti del Paese. L'ingresso di Salvini e del Cavaliere nell'esecutivo del grande banchiere aveva sconquassato gli equilibri molto più del patto del Nazareno e anche del governo gialloverde. Questione di pesi cambiati.

 

 

 

Ai tempi di Renzi, Lega e Fdi erano ai margini e hanno approfittato del patto tra azzurri e Pd per crescere. Era chiaro che il centrodestra si sarebbe ricompattato per poi ridisegnarsi. Il Conte uno era un'anomalia tale da non suscitare preoccupazioni. Tutti sapevano che sarebbe durato poco e non era replicabile. Questa volta è diverso. Draghi ha spaccato M5S, il Pd e tutta la sinistra. La Meloni si è sentita isolata all'opposizione e ha temuto che l'alleanza che sta sorreggendo SuperMario fosse destinata a perpetuarsi anche dopo le elezioni politiche, anche se il premier dovesse finire al Quirinale. Il braccio di ferro travestito da incomprensioni sulle candidature nelle città, il gioco delle nomine che non è stato concordato nella coalizione, i piani di federazione tra azzurri e leghisti hanno fatto nascere il sospetto a Giorgia che gli alleati disegnassero per lei un futuro alla Le Pen, forte, grande, ma marginalizzata a destra e fuori dal governo. La partita del cda Rai è sembrata quasi una conferma di questo e ha raggelato ulteriormente i rapporti.

L'INVITO
Parmigianina di melanzane, carne e pere al vino sotto il porticato di villa Certosa hanno posto fine alla vacanza della coalizione e garantito ai tre leader di godersi due settimane di riposo da battibecchi e tensioni, almeno nelle intenzioni del Cavaliere, che si è offerto come paciere. Lo aveva fatto prima in casa di Salvini, intervenendo in videoconferenza alla festa leghista di Milano Marittima, dove aveva prima addolcito Matteo definendolo il leader dell'alleanza e dopo teso la mano a Giorgia, dichiarando che va risarcita. Poi è scattato l'invito alla leader di Fdi, improvviso e volutamente rapido, così che i maggiorenti azzurri ne fossero esclusi e a Silvio fosse consentito spaziare liberamente, sedurre, tranquillizzare, promettere: la sua specialità. Giorgia si è portata Ignazio La Russa, grande lenza e vecchio amico del Cavaliere, e la pace è stata servita in tavola.

 

 

VOLARE ALTO
Si è volato alto. Nessun mercanteggiamento su future poltrone da dividersi, nessun risarcimento trattato, solo una domanda: il centrodestra così com'era ai tempi dei giallorossi ha un futuro o Draghi è il suo capolinea perché nel futuro dell'Italia c'è un'eterna coalizione di centro-centrosinistra alla tedesca? Risposta uno. Silvio l'ha accesa, Salvini si spera confermerà. È quello il nodo da sciogliere, ma alla fine la pace conviene a tutti. Fratelli d'Italia è il primo partito, ma questo per la Meloni vale uno se è da sola, perché per quanto forte non potrebbe andare da nessuna parte; dieci se è all'interno della coalizione di centrodestra. «Il mio rapporto con Giorgia è idilliaco», ha commentato il leader della Lega, un'ironia bonaria, non acida, un ottimismo delle intenzioni che sarà presto chiamato alla prova dei fatti. Matteo ha però un ruolo diverso da Berlusconi, che si è riproposto come uomo della concordia, e ha voluto precisare che la situazione politica al momento non cambia: il sostegno a Draghi rimane e deve essere compatibile con la compattezza del centrodestra, anche se l'esperienza di governo insieme è alla base del progetto di federazione tra azzurri e Lega. Come a dire: cara Giorgia, uniti ma in concorrenza; il che, nella mente del Capitano leghista, non significa «avere avversari dentro l'alleanza», come si è lamentata la leader di Fdi con Berlusconi. Quanto a Silvio, anche se è il leader del partito diventato più piccolo, è l'unico che pare aver vinto la battaglia. Aveva mezzo Paese contro, ora gli viene riconosciuta pubblicamente la staturadi statista.

 

 

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