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Reddito di cittadinanza, perché il centrodestra ha perso l'occasione per spazzarlo via: bastava poco...

Fausto Carioti
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Tutti a discettare di grandi riforme, e intanto quella che rivoluziona davvero il rapporto tra il "popolo" e il "palazzo" è stata approvata due mesi fa e nessuno se n'è accorto. Nemmeno quelli che l'hanno votata. C'è voluto lo shock indotto dall'Associazione Luca Coscioni e delle altre sigle antiproibizioniste, con il loro referendum sulla cannabis, per far capire ai partiti di destra e sinistra che qualcosa di enorme è cambiato. La novità è arrivata con un emendamento al decreto Semplificazioni approvato all'unanimità, in commissione, la notte del 20 luglio. Lì si stabilisce che le firme «per i referendum previsti dagli articoli 75, 132 e 138 della Costituzione» possono essere raccolte anche in forma digitale. Si tratta dei quesiti che chiedono di abrogare le leggi in tutto o in parte, di creare nuove Regioni o accorparne di esistenti, di consentire lo spostamento di Comuni e Province da una Regione all'altra e di quelli che sottopongono al giudizio popolare le riforme costituzionali approvate da meno di due terzi del parlamentari.

 

 

Cosa significa? Ad esempio, che il mezzo milione di firme necessarie a chiedere il referendum abrogativo, che sino a poco tempo fa era una montagna da affrontare con una scalata lunga tre mesi (tant' è che i radicali, per i quesiti sulla giustizia, si sono appoggiati sull'apparato della Lega), è diventato una collinetta. Lo dimostra proprio il quesito sulla Cannabis, che in appena quarantotto ore ha ottenuto 220mila adesioni. Pareva un'iniziativa folle, visto che la legge dà tempo solo sino al 30 settembre per portare in Cassazione le firme per i referendum da votare l'anno seguente, ma già non ci sono dubbi che il traguardo sarà superato. Questo senza montare nemmeno un gazebo: tutto online, sfruttandolo Spid, il sistema digitale di certificazione dell'identità, che, anche grazie al Green pass, è oggi in possesso di 24 milioni di italiani.

 

 

Si può firmare di notte, in pigiama, dal tablet o dal computer di casa, con costi di tempo ed economici irrisori. Facile, ora, prevedere cosa accadrà. Le richieste di referendum pioveranno a dozzine, sugli argomenti più disparati, e raccoglieranno adesioni con la stessa facilità con cui si firmano le petizioni online su Change.org. I partiti, già in crisi di legittimità e di significato, vedranno dissolversi uno degli ultimi monopoli che avevano: quello di mobilitare gli elettori per una battaglia referendaria, operazione che adesso può essere fatta da qualunque associazione, anche priva di sezioni sul territorio. E siccome governo e parlamenti mal sopportano i referendum, qualcuno proverà a restaurare l'ancien régime. L'unico modo per riuscirci è alzare la soglia delle firme necessarie, ma questo significa riscrivere la Costituzione: operazione lunga e complessa, che comporta il rischio, anzi la beffa, di essere vanificata da un referendum chiesto per via digitale. Materiale di riflessione e rimorso per il centrodestra e Matteo Renzi: comunque la si pensi sulla cannabis, si è appena avuta la dimostrazione che, anche in tempi così ristretti, era possibile raccogliere subito le 500mila firme necessarie a chiedere il referendum abrogativo del reddito di cittadinanza, in modo da farlo votare la prossima primavera. Una grande occasione persa.

 

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