Cerca
Logo
Cerca
+

Pd, il peccato originale: i "compagni" proprio non riescono a rinnegare il comunismo

Esplora:

Alberto Busacca
  • a
  • a
  • a

«La Meloni non dice mai che nel suo partito "non c'è spazio per il fascismo". Credo che voglia mantenere i rapporti con certi mondi...». Così Enrico Letta, a Di Martedì su La7, ha bacchettato la leader di Fratelli d'Italia. Ma se (...) a pagina 13.  l'ex premier e molti suoi colleghi di partito si sentono autorizzati a salire in cattedra per invitare la destra a condannare il fascismo in maniera netta e definitiva, le cose cambiano, e di molto, quando si parla di comunismo. 

 

Infatti, come ha fatto notare il direttore di Libero Alessandro Sallusti durante il programma di Floris, il Partito democratico e i suoi dirigenti sono molto restii a rinnegare falce e martello. Anzi, il legame viene spesso rivendicato con malcelata commozione. Andiamo a rileggere, per esempio, le dichiarazioni di Nicola Zingaretti, allora segretario del Pd, in occasione delle "celebrazioni" per i cent' anni del Partito comunista italiano, il 21 gennaio scorso: «Nel 1921 iniziò una lunga storia. Il Pci tentò, mai rinnegando ideologicamente l'orizzonte del comunismo, una variante europea, democratica, rispettosa della libertà e rinnovata nel suo profilo ideale e programmatico. E fu un grande partito nazionale, fondatore della Repubblica e tra i principali protagonisti della lotta al nazifascismo». Poi una nota personale: «Sentivamo quella comunità di giovani comunisti, dentro al Pci, come il canale migliore per esprimere le nostre inquietudini, gli aneliti dell'anima, le disordinate spinte adolescenziali». Ah, bé... 

Ma non c'è soltanto la nostalgia per i bei tempi andati del Pci. Nel 2019 il Pd si è spaccato su una risoluzione del Parlamento europeo in cui venivano di fatto equiparati nazismo e comunismo. Nel documento, per capirsi, si spiegava «che i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando, nel corso del XX secolo, perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita». Parole chiare. Ma indigeribili per i dem di casa nostra. Come Massimiliano Smeriglio, a lungo braccio destro di Zingaretti, che si è giustificato: «Non l'ho votato perché è un testo confuso e contraddittorio. Non l'ho votato perché non si costringe la storia dentro uno schema parlamentare al solo scopo di tirarla da tutte le parti per poi arrivare a uno strano ecumenismo».

 

O come Pierfrancesco Majorino: «Sono contro l'equiparazione banale tra comunismo e nazismo, che fa piangere innanzitutto sul piano storico». E Letta? Bé, Letta, a differenza di tanti altri, non viene dal Pci ma dalla Dc. Eppure anche per lui il tema è scivoloso. Appena rientrato alla Camera grazie alla vittoria alle Suppletive di Siena, nel corso della campagna elettorale non ha detto una parola sul caso del neo-rettore dell'Università per stranieri della città toscana, Tomaso Montanari, che quest' estate ha attaccato il Giorno del ricordo, in memoria delle foibe, parlando di «falsificazione storica». E martedì, rispondendo a Sallusti sulla condanna del comunismo, oltre che del fascismo, ha detto: «Il ripudio del fascismo è scritto nella Costituzione. E non c'è questa idea che bisogna sempre pareggiare, uno a uno. Poi siamo tutti d'accordo sulla tragedia del comunismo sovietico, su ciò che è successo in Cambogia...». Va detto che nella Costituzione non c'è il «ripudio del fascismo» ma il divieto di «riorganizzazione del partito fascista», che è cosa diversa. Ma è soprattutto evidente che il ripudio del comunismo non è proprio nel dna del Partito democratico...

 

Dai blog