Se pensate al Medioevo come a un tempo fatto solo di devozione e di fedeli tremebondi, prostrati in preghiera, che passano la vita in poche leghe tra la casa e la chiesa, beh, questo libro non fa per voi. Ladri d’ossa di M. T. Anderson (trad. di Bérénice Capatti, Bompiani, 250 pp., 19 euro), è un grande romanzo d’avventura, in cui troviamo monaci visionari, santi che placano le tempeste, cacciatori di reliquie dalla moralità molto elastica, uomini dalla testa di cane, guerrieri del profondo Nord, normanni e veneziani rissosi e, soprattutto, lunghi viaggi per mare, battaglie e risse. In questo Medioevo avventuroso, narrato con l’immediatezza di un racconto fantastico, si dipana la caccia alle reliquie di san Nicola, che, prima di essere venerate a Bari, riposarono per oltre sette secoli a Myra: da lì, furono portate in Occidente da una spedizione, che Anderson ricostruisce in tono svelto e quasi più adatto a un romanzo picaresco che non al racconto di un’impresa animata da sacro fervore.
Tutto inizia quando a Bari, sul finire dell’XI secolo, ai bizantini si sono sostituiti i potenti normanni che mirano a legittimare la loro fresca autorità. Inoltre, la città è travagliata dal vaiolo; ma una notte un giovane monaco, il mite Niceforo, sogna Nicola, il santo vescovo di Myra. Egli è capace di placare le tempeste, ma è anche protettore dell’infanzia: non per nulla il 6 dicembre, San Nicola, è una delle festività in cui, per tradizione, si fanno i regali ai bambini; e la figura San Nicola è alla base dello sviluppo, con molte concessioni alla modernità, di Santa Claus, ovvero di Babbo Natale. Queste attribuzioni vengono a Nicola dai doni che, per tradizione, egli nottetempo fece pervenire a tre giovinette belle, ma molto povere, che per miseria sarebbero state destinate alla prostituzione. Invece, grazie a Nicola esse poterono provvedersi di dote e sposarsi; un’altra benemerenza, stavolta miracolosa, del Santo sta nel fatto che resuscitò e ricompose tre bambini, che un macellaio malvagio aveva ucciso e fatto a pezzi sotto sale per venderne la carne.
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Polemica per il presepe allestito a Bruxelles, nella Gran Place, la piazza centrale della città: l'installazi...Ma nella Bari del 1087 impazza la malattia, e di Nicola interessa il santo icore che stilla dalle sue ossa, un liquido miracoloso per cui orde di pellegrini e malati accorrono a Myra, in Anatolia, facendo ricca la città: già, perché nel Medioevo la caccia alle reliquie non è solo una espressione di devozione, ma è anche un business molto redditizio, e i santi lacerti di corpi, per quanto qualcuno possa avanzare qualche fondato dubbio sulla loro autenticità, arricchiscono la chiesa che li custodisce, e una città in cui sorga una chiesa ben provvista di reliquie prestigiose prospera velocemente. Quando dunque Niceforo riferisce all’abate che nel suo sogno San Nicola non sembrava molto contento, la deduzione che se ne ricava è chiara: il Santo non è più soddisfatto di riposare a Myra, e vuole essere portato a Bari.
Viene dunque organizzata una spedizione insieme a Tyun, un tartaro astuto che si definisce “cacciatore di corpi”, ossia, un ladro di reliquie di comprovata esperienza, e di Reprobus, l’uomo-cane suo inseparabile amico. Male reliquie di Nicola interessano anche ai Veneziani, e la spedizione barese deve competere con quella della Serenissima, contro la quale si scontra in una battaglia navale sulla rotta per Myra. Alla spedizione barese di unisce dunque Matteo Tradonico, nobilissimo e antipaticissimo patrizio veneziano; per ora alleato, con la promessa di avere, poi, dopo che sarà portato via agli abitanti di Myra, una parte del santo corpo.
Il romanzo si dipana in un crescendo di avventure e colpi di scena, inframmezzati dai discorsi e dagli apologhi testimonianza della fede semplice e salda che definiva l’identità medievale (come la bellissima leggenda di Santa Cassi), narrati da Niceforo, monacello semplice e ingenuo – te lo raccomando! -, contrapposto al cinico Tyun che si venderebbe anche la madre, se ne avesse una. Ma attenzione agli spiriti candidi: anche Niceforo ci riserverà una bella sorpresa. Il racconto di questa avventura rocambolesca, non a caso recante il sottotitolo di Storia quasi vera di come le reliquie di San Nicola arrivarono a Bari, diventa, a sua volta, un apologo su come talvolta possiamo ingannare «coloro che più amiamo facendo loro credere ai miracoli: e come quell’inganno possa essere un tradimento, o forse un dono» (p. 246). In fondo, ci dice l’autore, è molto labile il confine tra visione e illusione.
Per la cronaca: anche a Venezia, la concorrente di Bari nella caccia al corpo di Nicola, riposa parte delle reliquie del Santo: si trovano nella Chiesa e abbazia di San Nicolò (detta San Nicoléto), nella parte settentrionale del Lido. Magari, complici le vacanze natalizie, potrebbe essere un’idea andare a rendere omaggio al Santo che ha consolidato l’uso dei regali dicembrini ai bimbi.




