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Pietro, non un eroe ma la parabola dell'essere umano

La lezione di Benigni su un uomo reale, vivo, terribilmente vicino a noi
di Steno Sari domenica 21 dicembre 2025
Pietro, non un eroe ma la parabola dell'essere umano

3' di lettura

Ci sono storie che non si limitano a essere raccontate: ci attraversano. La performance di Roberto Benigni “Pietro, un uomo nel vento” è una di queste. In una televisione spesso distratta, Benigni ha riportato all’attenzione l’immagine potente di Pietro, un uomo reale, vivo, terribilmente vicino a noi. La storia di quel pescatore impulsivo appartiene alla condizione umana. L’apostolo come figura sospinta, sballottata, a tratti quasi travolta dalle correnti della vita. Un uomo che crede, cade, si rialza, dubita, ama, rinnega, piange e riparte. Un uomo che ci somiglia. Benigni, con la sua capacità di trasformare l’umano in epica, restituisce un Pietro vivo e contraddittorio: il pescatore che a volte intuisce prima degli altri ma che a volte inciampa più degli altri. Proprio in questa irregolarità risiede la sua forza: Pietro non è un eroe, è la parabola dell’essere umano.

Di lui conosciamo bene i due volti: quello che proclama «Tu sei il Cristo» e quello che, nel giro di pochissimo tempo, per paura dice «Non lo conosco». Lo stesso cuore si accende e si spegne nel giro di un respiro. E in questo ci riconosciamo: chiunque abbia provato a vivere una fede autentica sa che non esiste un cammino lineare, ma un percorso che richiede pazienza e onestà. La fiducia alterna slanci e smarrimenti; il coraggio può dissolversi in un istante, lasciando emergere la fragilità. Il rinnegamento non è solo la notte più buia di Pietro, ma un punto di verità. Il dolore non mente, e in quel crollo egli scopre ciò che comprendiamo quando tocchiamo il fondo.

Il Vangelo racconta che, dopo il terzo rinnegamento, il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro. $ uno dei momenti più struggenti della narrativa evangelica: in quello sguardo Pietro lesse tutta la gravità del suo errore, un’occhiata non di rimprovero ma che rivela e che dice: “Io ti conosco. So chi sei. Anche quando tu vuoi ignorarmi”. Da quel varco nasce il pianto amaro che lo riconsegna alla verità di sé. Il riscatto non è un gesto eclatante, ma avviene con un gesto semplice. Non con eroismi, ma con la volontà sincera di ricominciare. E' quel tornare, quel riconoscere la verità di sé e lasciarsi guardare senza scuse. Proprio come Pietro.

In un tempo come il nostro, che vive la fragilità come sconfitta e il dubbio come vergogna, Pietro ci ricorda che si può essere imperfetti e, nonostante tutto, camminare verso il sacro. La spiritualità non è un recinto per supereroi, ma un orizzonte che accoglie chi lotta, chi cerca, chi cade e trova il coraggio di rialzarsi. La storia di Pietro non appartiene al passato, è la metafora attuale di ciascuno di noi. In lui vediamo la nostra paura, la nostra lotta, il nostro coraggio intermittente. Ci fa comprendere che la vita spirituale nasce dall’onestà e dal coraggio.

Forse il vento che ci scuote non è solo tempesta, ma è anche voce che ci spinge avanti, un po’ più in là, un po’ più in profondità, verso quella ricerca fragile ma autentica con cui, come si dice negli Atti degli Apostoli, ci sforziamo di trovare Dio, “anche a tentoni, per poterlo incontrare, benché non sia lontano da ciascuno di noi”.