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Il verdetto del redditest:i politici? Tutti evasori

Andrea Tempestini
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  di Franco Bechis Una piccola soddisfazione c'è.  Le prime vittime del Redditest saranno i politici italiani. Se vivono dello stipendio da parlamentare o da consigliere regionale, non  hanno scampo: saranno considerati tutti o quasi evasori fiscali. Basta inserire tutti i dati nella dichiarazione, mettere le proprietà immobiliari al loro posto, dichiarare tutte le spese fatte per l'esercizio del proprio mandato e il risultato è quasi certo: semaforo rosso, e soprattutto il marchio di infedeltà fiscale ideato dalla Agenzia delle Entrate che per un politico è addirittura una condanna doppia. “Incoerente”, dice il fisco. E incoerenti sono risultati alla prova minuziosa della loro dichiarazione dei redditi quattro leader politici nazionali che Libero ha passato al Redditest.  Incoerente il presidente della Camera Gianfranco Fini - e mezza Italia riderà:  «bella scoperta». Incoerente il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro. E anche qui non c'era bisogno di Befera per pizzicarlo in castagna. Incoerente il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che ne farà una malattia alla vigilia delle elezioni primarie. Incoerente pure il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri. Lui è un po' vittima di se stesso e se ne dannerà. Lo abbiamo sottoposto al Redditest perché di fatto era l'unico leader di quel partito ad avere messo on line le sue dichiarazioni patrimoniali dal 2008 ad oggi. Nessuno degli altri, Angelino Alfano in testa, ha avuto simile trasparenza, e visto che per compilare il Redditest servono tutti i dati contenuti in quelle dichiarazioni, Gasparri è stata una scelta forzata. Per inserire tutti i dati dei quattro leader politici abbiamo usato appunto le loro dichiarazioni dei redditi pluriennali, con le relative variazioni patrimoniali. Da lì sono stati ricavati gli investimenti mobiliari e immobiliari, le categorie catastali per capire se si trattava di ville, appartamentini, case popolari e anche la proprietà di veicoli di qualsiasi natura (auto, barche, moto). Dalla ultima dichiarazione dei redditi, quella 2012 relativa all'anno 2011, abbiamo tratto anche l'eventuale importo di spese mediche, di spesa per iscrizioni in palestre, scuole, o per ristrutturazioni di casa come di assegni per il coniuge separato o divorziato. Tutti dati ricostruiti e calcolati attraverso le detrazioni o deduzioni inserite nella dichiarazione dei redditi. I Redditest di Fini, Bersani, Di Pietro e Gasparri sono dunque giusti nel dettaglio, dove si è potuto anche inserendo i dati patrimoniali e reddituali di coniugi e conviventi. Per tutti abbiamo calcolato spese fisse proprie dei parlamentari, inserendole nella voce che sembrava più vicina. In alcuni casi in modo molto semplice: i 3.100 euro annui di rimborso spese telefoniche sono stati inseriti nella apposita voce, senza calcolare importi superiori che sicuramente nel nucleo familiare ci saranno. Idem per le trattenute previdenziali. Siccome il reddito complessivo era di anni passati, abbiamo ancora calcolato la trattenuta operata sul vitalizio: 12 mila euro l'anno, inserita nella voce di spesa per la previdenza complementare. Stessa procedura per i 6.400 euro annui trattenuti per l'assistenza sanitaria integrativa: l'abbiamo considerata una assicurazione sanitaria. Come è diventata una polizza la trattenuta di 9.500 euro annui per l'assegno di fine mandato corrisposto. Abbiamo inserito i 22.140 euro annui che con la nuova normativa vengono corrisposti ai deputati a titolo di rimborso spesa forfettario come spese effettivamente avvenute nelle voci di attività culturali e ricreative, quelle più vicine alla materia. Restava la diaria: 42.037 euro annui. Siccome rimborsa spese di soggiorno è stata imputata in parte a spese per un affitto di casa complementare, in parte a spesa di viaggio. Nessun problema per i 13.300 euro annui corrisposti ai deputati come spese di trasporto, perché le voci sono previste nel Redditest. L'unica libertà che ci siamo presi è quella di credere alla versione dei politici - pur sapendo che spesso non è vera - immaginando che tutti i rimborsi spesa vengano spesi proprio per il motivo per cui vengono corrisposti. Per altre voci abbiamo invece inserito la spesa media di settore censita ogni anno dall'Istat per le famiglie italiane: anche i politici spenderanno come loro per acquisto di mobili, computer, elettrodomestici e per il tempo libero. Nei quattro casi di Fini, Di Pietro, Bersani e Gasparri anche inserendo due volte i rimborsi ottenuti dal Parlamento in entrata e in uscita (operazione su cui il Redditest è ambiguo), il risultato di incoerenza non cambia. In tre su questi quattro casi a fare scattare l'incoerenza è senza dubbio il patrimonio immobiliare. Per Fini pesa quello della convivente e madre delle sue figlie, Elisabetta Tulliani, per cui il software prevede super spese di manutenzione. Per Di Pietro e Bersani le semplici proprietà dirette (sul segretario del Pd ci sono pure una locazione dichiarata e le spese di ristrutturazione immobiliare). Non vengono considerati né cantine, né soffitte, box auto o terreni. Quindi per Di Pietro gli immobili considerati sono stati in tutto 5: una villa e due case popolari a Montenero di Bisaccia,  e due civili abitazioni a Roma e Bergamo. Bastano e avanzano per condannarlo agli occhi di Befera.   

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