La prima bugia è venuta a galla subito. Era quella con le gambe più corte. Luigi Di Maio l' aveva ripetuta il 3 gennaio, a Belluno: «La legge, come abbiamo sempre detto, riguarda il reddito di cittadinanza per coloro che sono cittadini italiani». Ieri sono uscite le carte che l' ufficio legislativo del ministero del Lavoro ha inviato a Palazzo Chigi. Il testo definitivo del decreto, di fatto, al quale manca solo il timbro dell' ufficialità. Di Maio è smentito già al primo comma del secondo articolo. Il «Rdc», si legge, oltre che agli italiani e ai cittadini comunitari (rom romeni inclusi, dunque) che si trovano nelle condizioni economiche previste, è riconosciuto a chi è cittadino di «paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo». Cioè all' extracomunitario, purché «residente in Italia in via continuativa da almeno 10 anni al momento della presentazione della domanda». Secondo le simulazioni fatte dal governo la clausola di "lungo soggiorno", valida anche per cittadini italiani e comunitari, toglie dal conto appena 62mila famiglie di immigrati su un totale di 259mila stanziate sul nostro territorio. Ne restano quasi 200mila, il cui assegno costerà ai contribuenti 1,2 miliardi di euro l' anno. Ovvero il 15% del budget totale, che a regime sarà pari a 8,15 miliardi. Notare che le famiglie di immigrati sono il 14% dei percettori: significa che ognuna di esse avrà diritto a un assegno maggiore della media, a conferma del fatto che si trovano in condizioni più bisognose di quelle degli italiani poveri, o presunti tali. Le variabili - Perché il reddito di cittadinanza, come si sapeva, non avrà importo fisso, ma varierà a seconda delle condizioni: entrate, patrimonio, numero dei familiari. Il governo prevede di erogarlo a 1.375.000 famiglie e ciò significa che l' importo medio di ogni assegno sarà equivalente a 5.924 euro annuali, ovvero a meno di 500 mensili. E qui viene fuori un' altra gabola, peraltro prevedibile. Di Maio aveva annunciato che erano in stampa «6 milioni di tessere per il reddito di cittadinanza». Gli assegni, come visto, saranno invece meno di un quinto di tale numero: per allargare la platea, il vicepremier aveva messo nel conto i conviventi dei percettori, stratagemma con cui ora cercheranno di dire che i beneficiari veri, in realtà, sono 4,3 milioni. Ma il bonifico sempre uno per famiglia rimane. Inizierà a essere operativo dal primo aprile: escamotage necessario per risparmiare qualcosa, almeno il primo anno, in cui costerà "solo" 6,1 miliardi di euro. Ma comunque in tempo per arrivare nelle tasche degli elettori grillini, che i sondaggi dicono essere sempre più concentrati nel Meridione, prima del voto europeo di fine maggio. Non stupisce che le prime due regioni per numero assoluto di beneficiari siano, nelle tabelle del governo, Campania e Sicilia. Seguono Lazio e Lombardia, per via della loro popolazione numerosa, quindi Puglia e Piemonte. Le stesse stime dicono che il 53% dei beneficiari sarà residente nel Sud e nelle isole, mentre il Centro e il Nord si spartiranno meno di metà della torta. Pochi obblighi - L' importo sarà comunque molto diversificato e potrà arrivare alla ragguardevole cifra di 1.330 euro al mese, nel caso di una famiglia con 3 adulti, due minorenni e abitazione in affitto. L'«integrazione al reddito», in questo caso, ammonta a 1.050 euro, che in caso di zero entrate da lavoro sarà corrisposta integralmente dallo Stato, cui vanno aggiunti i 280 euro di «contributo affitto». Per un single che vive in una casa di proprietà, sprovvisto di altri redditi, l' assegno sarà invece di 500 euro. Tutto questo senza obblighi particolarmente gravosi. Chi lo riceve, nei primi sei mesi sarà libero infatti di rifiutare le offerte di lavoro distanti oltre 100 chilometri dalla propria abitazione. Limite che poi si estende a 250 chilometri e solo dopo un anno comprende l' intero territorio nazionale, ma unicamente se l' intestatario non ha in casa minori o disabili. Durerà diciotto mesi, però potrà essere rinnovato alla scadenza, dopo appena trenta giorni di sospensione. E questa è la visione ottimistica della storia, quella ufficiale. Ce ne sono di molto più fosche, diffuse da centri studi indipendenti. La Cgia di Mestre ieri ha pubblicato un documento che corrobora i peggiori sospetti. Il rischio - «Verosimilmente», vi si legge, «la metà della spesa potrebbe finire nelle tasche di persone che non ne hanno diritto». Ovvero di finti poveri e lavoratori in nero. «Secondo l' Istat», ricorda la Cgia, «in Italia ci sono poco meno di 3,3 milioni di occupati che svolgono un' attività irregolare». Se da questo numero si tolgono i dipendenti e i pensionati che non hanno i requisiti per accedere al regalo di Di Maio, «pari, in linea di massima, a 1,3 milioni di unità», restano circa 2 milioni di evasori di tasse e contributi che, «in linea teorica», potrebbero chiedere e ottenere l' assegno. Si tratta della metà dei potenziali aventi diritto, che sono poco più di 4 milioni. La prebenda grillina finirebbe così per «sostenere un pezzo importante dell' economia non osservata». È lo stesso timore espresso dal leader della Uil, Carmelo Barbagallo, per il quale il provvedimento «rischia di favorire chi lavora in nero» e di non creare altro lavoro se non quello di chi sarà assunto negli uffici pubblici per l' impiego. Al di là dei Cinque Stelle, infatti, nessuno sembra credere che le sanzioni previste dal decreto nei confronti di chi fa il furbo possano essere di una qualche efficacia. Chissà cosa ne pensa la Lega. di Fausto Carioti
