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Banche, la bomba a orologeria sull'Italia: "170 miliardi di prestiti"

Michele Zaccardi
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Prima di andarsene da Palazzo Chigi, Giuseppe Conte si è premurato di piazzare un’altra bomba sotto il bilancio dello Stato, oltre al Superbonus: 170 miliardi di euro di garanzie pubbliche. Si tratta dell’eredità delle misure che, ad aprile 2020, l’allora premier annunciò per contrastare le conseguenze economiche della pandemia. Interventi che sono stati necessari per sostenere le imprese, ma che hanno gonfiato il bilancio di perdite potenziali: se le aziende finanziate non restituiranno i fondi, sarà lo Stato a pagare. E, come per il Superbonus, il rischio è che sia il governo Meloni a dover coprire il buco. I numeri sono mostruosi: alla fine dell’anno scorso, lo Stato aveva in pancia 302,53 miliardi di garanzie.


Nonostante gli aiuti concessi per la guerra in Ucraina e la crisi energetica, il volume è aumentato di appena 14 miliardi rispetto al 2021, quando l’ammontare si è attestato a 288,4 miliardi. Insomma, il grosso risale proprio al periodo in cui il dem Roberto Gualtieri, attuale sindaco di Roma, era ministro dell’Economia e Conte presidente del Consiglio. Basti pensare che tra il 2014 e il 2019, lo stock di garanzie si è attestato in media al 3,4% del Prodotto interno lordo, mentre nel 2021 ha toccato il 16,1%, quasi cinque volte tanto. Su un’esposizione totale per le casse pubbliche di 302 miliardi totali, la parte ascrivibile al contrasto alla pandemia, e che a fine 2022 risulta ancora in essere, è pari a 169,8 miliardi di euro. Nel complesso, lo Stato italiano ha garantito prestiti legati al Covid per un valore doppio rispetto a Francia e Spagna, e quasi cinque volte in più rispetto alla Germania. Per capire come si è arrivati a questo punto occorre fare un passo indietro. Approfittando della sospensione delle norme Ue sugli aiuti di Stato, il governo Conte il 17 marzo 2020 vara il decreto Cura Italia l’8 aprile il decreto Liquidità, che allargano le maglie per la concessione di garanzie statali sui prestiti. L’obiettivo è dare ossigeno all’economia, evitando che le banche, spaventate dalla congiuntura, chiudano i rubinetti del credito. Gli strumenti messi in campo sono il Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, gestito dal Mediocredito Centrale (Mcc), che fa capo all’agenzia governativa Invitalia, e Sace, una società controllata dal Ministero dell’Economia.

 

 

 

PLATEA ALLARGATA

I due provvedimenti allargano la platea dei beneficiari, incrementano l’importo garantito e la copertura concessa (tra il 70 e il 100% del prestito). Inoltre, le richieste rivolte a Mcc sono ammissibili anche senza una valutazione del merito di credito del soggetto finanziato. Il risultato è che le imprese fanno la corsa ad accaparrarsi i fondi. Quando i due programmi, dopo una proroga, vengono mandati in pensione il 30 giugno del 2022, lo Stato si ritrova garante di 293 miliardi di euro di prestiti, quasi il 13% del totale erogato l’anno scorso dal sistema bancario. Attraverso lo schema “Garanzia Italia”, rivolto a imprese di grandi dimensioni, Sace ha accolto domande di finanziamenti assistiti da coperture pubbliche per 42 miliardi di euro, mentre il Fondo Pmi del Mediocredito per 251 miliardi, distribuiti su oltre 2,7 milioni di aziende. Se questi prestiti non verranno ripagati, l’esborso per le casse statali sarà ingente. Da giugno 2022, in seguito ai rimborsi, le cifre si sono un po’ sgonfiate, ma lo Stato ha comunque perdite potenziali da dover ripianare per quasi 170 miliardi, tanto quanto sei manovre finanziarie e quasi quanto l’intero Pnrr (191,5 miliardi).

 

 

 

Come riporta il Documento di Economia e Finanza di aprile, alla fine del 2022 l’esposizione sulle garanzie rilasciate da Sace e Mediocredito risultava in calo, rispettivamente, a 25,6 miliardi (-2,3 sul 2021) e a 144,2 miliardi (-3,7). Il buco, va ricordato, è solo teorico: per far fronte all’escussione delle garanzie, sono stati stanziati 24,3 miliardi a favore di Sace 24,3 miliardi e 22,6 a Mcc. Insomma, in cassa i fondi ci sono, visto che è improbabile che tutti i debitori garantiti non restituiscano le somme prese a prestito. Tuttavia, il rallentamento in atto nell’economia preoccupa. Secondo uno studio di Kpmg del gennaio scorso, i crediti deteriorati sui prestiti concessi da Mcc dovrebbero oscillare tra i 19 e i 39 miliardi di euro. E gli effetti si vedranno a partire da quest’anno. Anche perché, terminate le moratorie e i due anni in media durante i quali le aziende dovevano pagare solo gli interessi, i rimborsi dei prestiti garantiti sono iniziati da poco. E il grosso della restituzione dei debiti dovrebbe avvenire nel 2026, con un picco nel 2027 e nel 2028. 

 

 

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