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Bce, stangata sui prestiti: 64 miliardi in meno per imprese e famiglie

Lagarde

Sandro Iacometti
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La buona notizia è appesa a una previsione. Secondo Goldman Sachs il ciclo di rialzi della Bce è terminato e Francoforte «rimarrà in attesa al 4,00% fino al primo taglio dei tassi nel terzo trimestre del 2024». Vedremo. Nel frattempo, però, le ferite da leccare sono tante. Ed è difficile capire quanto ci metteranno a rimarginarsi.

Secondo i calcoli di Unimpresa, infatti, nell'ultimo anno si è registrata una stretta creditizia per i privati da ben 64 miliardi di euro, con una riduzione complessiva che sfiora il 5%. E se perle famiglie il saldo è negativo per 7 miliardi, considerato che i mutui sono sostanzialmente fermi, il credito al consumo è cresciuto di quasi 6 miliardi, mentre i prestiti personali sono crollati di oltre 13 miliardi, la mazzata per le imprese è assai più considerevole. Le banche hanno tagliato tutti i tipi di finanziamenti, con una riduzione di 57 miliardi (meno 8%).

 

 

Ma non è finita. C’è anche l’effetto collaterale. Secondo il Centro studi di Unimpresa l’impennata dei costi sta anche creando alla clientela bancaria difficoltà ad onorare le scadenza con le rate dei prestiti, tant'è che le sofferenze nette sono cresciute in un anno di quasi il 10%, passando da 16 miliardi a quasi 18 miliardi. Con un balzo del 25% nei primi nove mesi del 2023. «È la tempesta perfetta sul credito: tagliati i prestiti alle imprese, mutui fermi e sofferenze in crescita. Ma è un conto che stanno pagando solo cittadini e aziende, perché le banche, proprio grazie all'aumento dei tassi, macinano utili come mai. Quest'anno i loro profitti potrebbero superare quota 40 miliardi. Di fatto, le banche sono le uniche a beneficiare della scellerata politica monetaria della Bce», commenta il vicepresidente dell’associazione, Giuseppe Spadafora.

Nel dettaglio, i prestiti destinati alle aziende sono passati dai 676,4 miliardi di settembre 2022 ai 619,5 miliardi di settembre scorso, con una diminuzione di 56,9 miliardi (-8,42%). Sono fortemente diminuiti sia i finanziamenti a breve termine sia quelli di lungo periodo. Sul fronte delle famiglie, si registra un calo di 6,8 miliardi (-1%) da 679,3 miliardi a 672,5 miliardi. La diminuzione è legata esclusivamente all'andamento fortemente negativo dei prestiti personali, calati di 13,2 miliardi (-9,39%) da 141,1 miliardi a 127,8 miliardi. Mentre sono praticamente fermi i mutui. Le conseguenze sono facilmente intuibili. Il rallentamento del credito al consumo avrà un effetto negativo inevitabile sulla domanda, con conseguenze più ampie sulla crescita economica. Analogo discorso per il taglio dei mutui: minori erogazioni si traducono, come sta già avvenendo, in minori compravendite di case, con effetti negativi su edilizia, trasporti, mobilifici, professionisti del settore.

 

 

Quanto ai crediti incagliati, nei primi nove mesi del 2023 si è registrata una preoccupante inversione di tendenza: le sofferenze bancarie sono cresciute di oltre 3,5 miliardi tra dicembre 2022 e settembre scorso con un aumento che sfiora il 25%. A settembre dello scorso anno, le rate non pagate da famiglie e imprese erano a quota 16,2 miliardi. La domanda, di fronte ad uno scenario abbastanza inquietante, è sempre la stessa: siamo proprio sicuri che la strategia della Lagarde sia il modo migliore di combattere l’inflazione?

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