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Le Borse a rischio: serve un piano Ocse-Brics per fermare la speculazione

Renato Villois
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I mercati finanziari e il sistema economico, dopo 15 mesi record per i primi e una annunciata recessione mai iniziata per il secondo sono ad un bivio, ritrovare una spinta e ristabilire le condizioni per un rilancio del Pil occidentale, ma non quello americano che continua a veleggiare accompagnato dalla continua crescita degli occupati, e dai buoni risultati del primo trimestre per i big bancari a cominciare dal numero uno al mondo JP Morgan che ha registrato nel primo trimestre del 2024 un utile netto di oltre 13,5 miliardi di dollari.

Si vedrà nelle prossime settimane come saranno i risultati degli industriali e soprattutto dei tecnologici. Ma restano le incognite su inflazione e tassi, con la speculazione sulle materie prime che galoppa e innesca aumenti del costo della vita e delle produzioni. A fronte della speculazione servirebbe un progetto in grado ridurne la rilevanza senza intaccare la concorrenza. Poco si è fatto, nonostante la dimostrazione di quanto speculazione e inflazione incidano, soprattuto sui paesi sviluppati, ma non solo. La speculazione, per sua natura è insita nei mercati finanziari e nei commerci e trova la sua massima espansione nei momenti in cui si creano squilibri nell’ordinamento mondiale, come quello attuale. Si dirà che la speculazione è insita nella storia dell’economia mondiale. Ed è vero, essendo un nemico strisciante in grado di destabilizzare interi continenti.

Esistono due organizzazioni internazionali, l’Ocse e i Brics, che potrebbero essere in grado di intervenire sul tema speculazione. La prima totalmente a carattere occidentale più Giappone, Messico e Australia, agisce a livello consultivo per la risoluzione dei problemi comuni, l’identificazione delle prassi commerciali e il coordinamento delle politiche locali e internazionali dei Paesi membri. I Brics acronimo dei fondatori Brasile, Russia, India e Cina e Sud Africa, a cui si sono aggiunti Emirati Arabi, Egitto, Iran e Arabia Saudita, potrebbero avere le motivazioni per definire un proprio programma anti speculazioni in linea con quello Ocse.

I Paesi Brics condividono una situazione economica in via di sviluppo e sono dotati di risorse naturali strategiche, hanno ottenuto una convincente e duratura crescita del PIl, contando sempre più nel commercio mondiale. Oggi nel mondo industrializzato ci sono sensibili rallentamenti delle economie che risentono proprio dei cicli inflattivi e del disordine economico che si è delineato. Un accordo tra Ocse e Brics sul tema della speculazione, aprirebbe ad uno scenario in grado di renderla meno pressante sui mercati finanziari e sulle materie prime, favorendo una stabilizzazione dei commerci mondiali. Il fatto che i Brics puntino a istituire una propria moneta alternativa al dollaro è un freno a dare corso ad un piano condiviso anti speculativo. A ridurne le contrapposizioni potrebbero essere le banche centrali di Usa, Europa e Cina, quest’ultima in ragione della complessa crisi che vive l’ex Celeste impero, potrebbe avere tutti i motivi per spingere gli altri Brics a trovare intese con l’Ocse. 

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