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La legge vale per tutti tranne che per Silvio

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La Boldrini ricorda la Costituzione: i cittadini sono uguali davanti alla giustizia. Ma in questi vent'anni contro il Cav se ne sono viste di tutti i colori

Andrea Tempestini
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La bella addormentata di Montecitorio, cioè l'altera signora che il 16 marzo ha ricevuto in dono da Pier Luigi Bersani la presidenza della Camera con la speranza mal riposta di riavere in cambio la presidenza del Consiglio, l'altro giorno si è risvegliata. Interpellata dal palco della festa dell'Unità sulla decadenza dalla carica di senatore di Silvio Berlusconi dopo la condanna a quattro anni di carcere, Laura Boldrini se l'è cavata citando l'articolo 3 della Costituzione, cioè quello in cui si stabilisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, razza , religione e opinioni politiche. Per la donna che occupa lo scranno più alto della Camera era implicita la conseguenza: se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di censo o di incarico politico, ne consegue che Berlusconi deve decadere senza se e senza ma. Dunque, nessuno spazio a soluzioni alternative, né a rinvii alla Corte costituzionale per approfondimenti della materia: via subito e basta. Senza saperlo, con la citazione del famoso articolo 3, la presidentessa ha però messo il dito nella piaga. Se la legge deve trattare tutti allo stesso modo, senza fare sconti  a nessuno, è altrettanto vero che la legge non deve neppure accanirsi contro qualcuno, riservandogli per le stesse ragioni che elencavamo prima un trattamento speciale. Cioè: non si può essere «salvati» perché si è il leader di un partito, ma allo stesso tempo non si può neppure essere condannati per lo stesso motivo.  Laura Boldrini, aprendo gli occhi all'improvviso, è andata al cuore del problema e cioè al fatto su cui ci si arrovella da settimane. Il leader del centrodestra non chiede di essere salvato in quanto leader di centrodestra, come se chi stesse ai vertici di un partito debba godere di una specie di immunità dovuta all'incarico. Il leader del centrodestra sostiene che nei suoi confronti si è giunti a una condanna proprio perché egli è il leader del centrodestra e non per altro. Certo, molti colpevoli si dichiarano innocenti  nella speranza di farla franca o di continuare a godere comunque del dubbio. Eppure nel caso in questione, non essendo un caso qualunque ma una vicenda che ha risvolti e ricadute importanti sulla democrazia di questo paese, non si può liquidare tutto pensando che è difficile trovare colpevoli che si dichiarino tali. Berlusconi non è stato semplicemente oggetto di un processo che si è concluso con la sua condanna: il Cavaliere è stato oggetto per quasi un ventennio – cioè da quando è sceso in campo – dell'attenzione delle procure. Oh, certo, i puristi sostengono che si può ritenere innocente una persona fino a che non interviene una sentenza definitiva ma poi, giunti al terzo grado di giudizio, ci si deve rassegnare ad accettare il verdetto, altrimenti  vien meno lo stato di diritto, la fiducia nella giustizia, la certezza della pena, eccetera eccetera.  Vero. Però se si arriva a un giudizio di colpevolezza che fa acqua da tutte le parti come la mettiamo? Se cioè ci sono gravi ed evidenti ragioni per ritenere che un leader politico non sia stato trattato come tutti gli altri cittadini così come prevede la Costituzione, cosa facciamo? Mettiamo in galera lo stesso il capo di quella forza politica, lo facciamo decadere e in sovrappiù condanniamo quelli che si permettano di nutrire dubbi nei confronti della condanna? Ci sono regole e comportamenti che sono alla base di una democrazia e quelle regole e comportamenti devono essere condivisi e se non lo sono non si può far finta di niente e dire che se c'è di mezzo Berlusconi va bene lo stesso. Il favor rei, cioè il principio per cui nel dubbio si proscioglie l'imputato, vale per tutti, non per tutti meno uno. E se esiste una legge sul giusto processo, chiunque ha diritto ad averlo, non chiunque fatta eccezione per il Cavaliere. Perché scrivo tutto ciò, riaprendo la questione di un processo che dovrebbe essere un dato acquisito? Perché quando capita di leggere le motivazioni di condanna per frode fiscale in cui si dice pacificamente che anche se non esiste prova che l'imputato abbia ricevuto i proventi della frode, cioè i quattrini, la questione è secondaria, il dubbio viene. Ma come, un signore è accusato di aver rubato, la refurtiva non c'è, anzi esiste la certezza che sta a casa di un altro, eppure lo si condanna lo stesso? Si dice che tizio è un prestanome, anzi una testa di legno che lavora per  conto del signor tal dei tali, e quanto si accerta che invece tizio ha una sua attività in proprio, cento dipendenti  e il ricavato è rimasto sui suoi conti correnti, che si fa? Si condanna comunque il signor tal dei tali. Tizio ricaricava regolarmente le sue vendite di un buon 50 per cento e anche più, trattando con francesi, svizzeri, tedeschi e perfino con la tv pubblica? Chissenefrega, l'anomalia riguarda solo il signor B. Della vicenda si sono già occupati altri giudici i quali hanno riconosciuto che il signor tal dei tali non ha commesso alcun reato? Anzi, l'accusa non è neppure approdata ad un processo perché il giudice delle indagini preliminari l'ha cestinata prima riconoscendola manifestamente infondata? Non importa, si trova un'altra strada, ammortamenti  successivi che possono far riaprire le indagini, e si ricomincia da capo. La prima è andata buca, la seconda anche: vedrete che la terza inchiesta andrà a segno. Ora, Berlusconi sbaglia a minacciare un giorno sì e l'altro anche di far cadere il governo se non si affronta il tema che lo riguarda, però non si può dargli torto quando lamenta un trattamento particolare. Forse non sarà uno stinco di santo, ma più si leggono i risvolti del processo che lo ha condannato e più ci si rende conto che per sopportare tutto ciò almeno la pazienza di un santo ci vuole.  Tornando dunque alla Boldrini, la signora presidentessa ritiene valido l'articolo 3 per tutti gli italiani oppure c'è qualcuno che debba considerarsi escluso?  La domanda non è peregrina, ma chissà se mai avremo una risposta. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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