Cerca
Logo
Cerca
+

Dodici miliardi di balle

default_image

I sacrifici degli italiani dovevano servire a revocare la procedura d'infrazione Ue e a recuperare una dozzina di miliardi. Dove sono questi soldi?

Andrea Tempestini
  • a
  • a
  • a

Domanda facile facile: ma se fino a pochi mesi fa agli italiani venivano richiesti sacrifici per rientrare nei parametri europei, con la giustificazione che ciò avrebbe consentito di revocare la procedura d'infrazione aperta dalla Ue contro l'Italia e, di conseguenza, sbloccare la cifra di 12 miliardi, che fine hanno fatto questi soldi?  Chiunque abbia buona memoria infatti potrà ricordare l'enfasi posta dal governo sulla promozione di Bruxelles che ci riammetteva nel circolo dei Paesi virtuosi. Non si tratta, spiegarono i ministri, solo di orgoglio nazionale, ma anche di quattrini: se non siamo più dietro la lavagna, trattati cioè come somari che non hanno fatto i compiti, per il nostro Paese si aprono rosee previsioni, perché insieme al riconoscimento di aver imparato la lezione ci vedremo restituita anche la possibilità di mettere mano al tesoretto. Da quelle promesse non è trascorsa un'eternità, ma passata l'estate i famosi 12 miliardi sembrano evaporati come neve al sole. Adesso ci viene detto che in cassa non c'è un euro e che per levare l'Imu ci siamo impegnati anche le mutande. Eppure, secondo le cifre rese ufficiali dalla stessa presidenza del Consiglio, togliere la tassa sulla prima casa è costato meno di un terzo di quello che il governo avrebbe dovuto avere a disposizione dopo la chiusura della procedura d'infrazione. E allora torniamo alla domandina facile facile: che fine hanno fatto quei soldi? Come è possibile che improvvisamente non ci sia più il becco di un quattrino e per non sforare il tetto del tre per cento di deficit si debba aumentare di un altro punto l'Iva? In fondo, rinviare lo scatto al 22 dell'imposta sul valore aggiunto richiedere lo sforzo di un solo miliardo: possibile che sugli 810 che ogni anno lo Stato spende non si riesca a trovare nelle pieghe del bilancio quello che serve a non aumentare le tasse? Detto papale papale, la sensazione è che ci stiano prendendo per i fondelli, raccontandoci una favoletta buona per i gonzi. Perché delle due l'una: o prima, quando ci assicuravano che chiusa la procedura d'infrazione avremmo avuto un premio, non c'erano i 12 miliardi promessi, oppure ora qualcuno tutti quei soldi li ha fatti sparire. Ad ogni modo, nel primo o nel secondo caso non ce la raccontano giusta. Anzi, ci raccontano balle. Adesso, perché qualcuno a sinistra vuole chiudere l'esperienza delle larghe intese, addossandone la colpa al centrodestra, ci vogliono far credere che la causa dell'inevitabile aumento dell'Iva è l'abolizione dell'Imu e che se non ci fosse stata quella non si sarebbe reso necessario l'inasprimento dell'imposta sugli acquisti. Fosse così dovremmo richiedere immediatamente le dimissioni del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, perché, se non si è accorto che cancellando la tassa sulla casa sarebbe stato costretto a mettere un'altra, significa che non sa far di conto.  Ma è difficile credere che uno che ha trascorso la vita in Banca d'Italia divenendone anche uno dei dirigenti più in vista non sia in grado di fare sottrazioni e addizioni. Né è immaginabile che Enrico Letta, un tipo che ha cominciato a frequentare l'Aspen e i circoli economici quando aveva i calzoni corti, non sapesse leggere un bilancio, per quanto complesso come quello dello Stato.  Insomma, tutto concorre a farci dubitare di ciò che ci raccontano e a convincerci che ci sia dell'altro. Cosa? Semplice: un calcolo politico. Come abbiamo spiegato qualche tempo fa, l'economia va assai peggio di quanto ci viene detto. Altro che ripresa dietro l'angolo. Qui le aziende scappano (è di ieri la notizia del boom di richieste per trasferire l'attività a Chiasso) e la lista dei disoccupati si allunga, con relativo contrazione di consumi e Pil. Dunque, stante la stagnazione, si richiede una manovra correttiva per aggiustare i conti. Il problema è come giustificarla e soprattutto a chi attribuirla, cioè a chi dare la colpa. Per la sinistra il candidato perfetto a fare il capro espiatorio era, manco a dirlo, Silvio Berlusconi. Per questo il Pd lo ha messo in croce, accelerando sulla sua espulsione dal Parlamento: se il Cavaliere avesse reagito buttando per aria il governo si sarebbe potuto accusarlo di tutto. Con un rialzo di spread e un richiamo europeo la necessità di una stangata sarebbe stata addossata a lui. E invece no: il leader del centrodestra, pur professandosi innocente e accusando la magistratura politicizzata di averlo incastrato, non ha alcuna intenzione di togliere l'appoggio a Letta. E così va a pallino il piano e vengono a galla le balle che sono state raccontate agli italiani. Il tesoretto, la ripresa in fondo al tunnel, le riforme per far ripartire l'economia. In realtà il governo Letta ha fatto poco o nulla: le sole cose che gli sono venute bene sono i rinvii, con cui ha rimandato a domani ciò che avrebbe potuto fare oggi. Ma adesso le cambiali sono arrivate a scadenza. A partire dall'Iva e il Cavaliere non ci sta a prendersi le colpe. Risultato: vedremo nei prossimi giorni che cosa si inventano. Molto probabile che si attacchino alla pompa. Di benzina, naturalmente. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

Dai blog