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Russia, supermercati vuoti e miseria? Eppure Vladimir Putin... dove vola nei sondaggi, il trionfo dello zar

Renato Farina
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Avete in mente i fogli di carta, quelli bianchi, formato A4, o anche i bei quaderni con le pagine immacolate? In Russia sono spariti, il loro prezzo, quando si riesce ad individuarne sottobanco una risma, è quintuplicato, quasi fossero lamine d'oro. È tornata in compenso l'antica cartaccia tipica dell'Urss, col suo colore giallognolo, e viene fatta passare per ecologica e patriottica. La causa della carenza? È uno degli effetti marginali, assolutamente banali, delle sanzioni nella vita quotidiana della gente comune. I prodotti chimici arrivavano dalla Finlandia. Sbiancavano benissimo e a basso prezzo. Addio. Questo è solo un piccolo risvolto di una guerra orrenda, ma intacca il morale nelle città abituate a considerarsi parigrado di Parigi e Milano.

Non riguarda certo la popolazione delle sterminate regioni orientali: povere erano e povere restano, con le sanzioni oppure senza è uguale, e viene da lì il consenso per ora crescente che rivitalizza la popolarità calante dello Zar Vladimir, segnalata da un istituto indipendente all'83%, dopo che prima della guerra era scesa sotto il 70. Sono fasulle allora le manifestazioni di protesta sottoposte al manganello e al trasferimento in cella di pacifici oppositori? Questo sostengono le voci che riecheggiano pedissequamente i desideri del Cremlino. Ma la realtà è che il dissenso trova terreno fertile e sempre più arrabbiato tra i cittadini di Mosca, San Pietroburgo, Samara, Kazan e in generale delle metropoli con più di un milione di abitanti. Dove si concentra il ceto medio-alto, si comincia a essere stufi delle sanzioni. Come sempre le ragioni ideali si mescolano a considerazioni che hanno a che fare con il carrello della spesa, che non si può più riempire di prodotti che ormai erano il marchio del progresso e di una via occidentale al benessere. Uno status symbol di gente, che è poi quella che veniva in Italia a riempire la costa romagnola. Noi siamo abituati a considerare la Russia divisa in due classi: gli oligarchi (in realtà poche centinaia di Paperoni) con i loro serventi del clan più o meno mafiosi e il resto del popolo a livello di stentata sussistenza. Non è così.

 

 

 

FUGA DALLA STEPPA

È cresciuta una classe medio alta, imprenditori, intellettuali e tecnici con rapporti frequenti con le aziende occidentali. Molte di esse hanno chiuso i battenti. E così circa duecentomila persone sono trasmigrate legalmente in Europa. Costoro avevano in casa, accantonata con cura, cartamoneta pregiata, euro e dollari. Prevedevano a ragione- a differenza delle autorità italiane, tedesche e francesi male informate dai rispettivi servizi segreti (Macron ha licenziato in tronco per questa ragione il suo capo dell'intelligence)- guerra e sanzioni e si sono preparati agli eventi e alla fuga accumulando riserve vitali: non certo in rubli, e neppure depositando valuta internazionale in banca. Chi aveva fatto la scelta di fidarsi degli istituti di credito, credendo di poter disporre, come promesso, dei loro conti in dollari, si è trovato beffato. Potrà prelevare 10mila dollari massimo, e una volta al mese. Sempre che Putin non li congeli. Insomma, a chi fanno più male le sanzioni per la guerra in Ucraina? Ieri abbiamo scritto che piegano le gambe all'Italia, vedi il caro bollette che pesa sulle famiglie, i negozi e le aziende manifatturiere.

Specie queste ultime, oltre al prezzo esagerato dell'energia, devono fare i conti con la difficoltà di approvvigionamento di certe materie prime, che provenivano dall'Ucraina - cereali, olio di girasole, legnami, manganese, nichel - ma sono restrizioni che alzando l'inflazione al 6,8% portano via denaro dal borsellino dei consumatori, ma non siamo arrivati, e neppure è alle viste la sparizione di generi di consumo dagli scaffali dei supermercati. Semmai l'assenza di riserve rischia di cascare in testa in modo drammatico ai cittadini italici se Putin, confermerà la decisione di chiudere il rubinetto del gas siberiano qualora non lo si acquisti in rubli. I nostri alleati ce lo vieteranno, perché accettare questa forma di pagamento annullerebbe di fatto l'effetto delle sanzioni finanziarie che miravano anche a uccidere il rublo e con esso il sistema economico russo. Vladimir Putin deve per forza agire in questo modo. La sua tecnica è antica e machiavellica: a un brigante un brigante e mezzo. Applica le teoria dei giochi. Alzare la posta, eventualmente bluffare, per questo afferma che le sanzioni occidentali rafforzano l'economia russa, del resto già allenata alle misure restrittive sin dal 2014. Si era vantato di recente parlando di formaggio: «In questi anni abbiamo imparato a produrre formaggio russo perfetto con le ricette italiane».
Sostiene che «l'economia russa si adatterà. Rafforzeremo la nostra sovranità te

cnologica e scientifica, incanaleremo ulteriori risorse per sostenere l'agricoltura e l'industria». È la tipica mossa autarchica che serve a cementare il popolo intorno al leader. Funzionò nel 1936 nell'Italia fascista. Anche allora ci fu un'invasione (quella dell'Etiopia), la Società delle nazioni ci punì con le sanzioni, ma la Germania si defilò, un po' come Cina e Turchia oggi con Mosca, e intorno a Mussolini si strinsero tutti, anche i vescovi (in Italia, a dire il vero, papa Pio XI non si arrese alla propaganda) come sta accadendo in Russia con il patriarca Kirill.

 

 

 

CLASSE DIRIGENTE
Alla lunga però la classe dei giovani emergenti, nativi digitali, abituati a un tenore di vita paritario ai loro omologhi occidentali, sarà una autentica spina nel fianco dello Zar: nessun dittatore regge se ha l'élite intellettuale e imprenditoriale contro. Ora Putin ha il sostegno del popolino e dei villaggi nell'immensa steppa, ma ha contro gli oligarchie i ceti che fanno marciare a vele spiegate la tecnologia. Non c'è solo il fatto che gli aerei russi sono fermi, e non possono disporre di pezzi di ricambio, e viaggiare dunque è un sogno negato chissà per quanto tempo. Fosse solo quello: nei supermercati zucchero, grano saraceno e sale sono esauriti. E, quando sono disponibili, non più di un pacchetto per cliente. Spariti anche i detersivi per lavastoviglie, gli assorbenti igienici e prodotti per animali domestici. «Nelle farmacie, l'insulina prodotta all'estero, ritenuta l'unica decente, è introvabile, con grande preoccupazione dei diabetici che non vogliono sentir parlare di generici russi. Il 1° marzo, i mutui, su cui i russi fanno affidamento per acquistare i loro appartamenti, sono passati da circa il 9,8% al 20%», scrive sul Figaro il corrispondente Alain Barluet. La morsa insomma si sta stringendo sui consumatori russi. I beni di prima necessità, l'abbigliamento, gli elettrodomestici e i mobili sono tutti presi d'assalto. E su internet, Avito, sito di piccoli annunci, è in piena attività: chiusi i McDonald's si forniscono Big Mac autarchici. Fino a quando? 

 

 

 

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