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Il sabotaggio di Zelensky, "pronto a far saltare questo ponte": una mossa estrema per ribaltare la guerra

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Il ponte di Crimea, meglio noto come “ponte di Putin”, è uno degli obiettivi più alti dell’Ucraina dal punto di vista strategico e morale. Danneggiarlo, interromperlo o addirittura distruggerlo sarebbe una grande vittoria per la resistenza guidata da Volodymyr Zelensky e di conseguenza un colpo durissimo inferto ai russi, che costruirono quel ponte dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e la fine dell’amicizia con l’Ucraina. Inaugurato nel 2018 alla presenza di Vladimir Putin, quel ponte non è solo un simbolo per la Russia, ma anche un punto strategico.

 

 

Per questo agli ucraini interessa eccome buttarlo giù, per quanto non sia affatto semplice: “Se avessimo avuto la capacità di farlo, lo avremmo già fatto - ha dichiarato Olelsiy Danilov, segretario del Consiglio di difesa e sicurezza nazionale - e se ci sarà l’occasione, lo faremo”. Insomma, per i resistenti è solo questione di tempo prima che venga organizzato un attacco al ponte che, come già detto, non è solo un simbolo ma ha anche rilevanza strategica: Kiev ha denunciato che i russi stanno portando in Crimea tramite quel ponte le scorte di grano rubate nelle zone di Melitopol e Kherson.

 

 

Passa anche altro da quel ponte: ad esempio i rifornimenti per le batterie di contraerea che da lì lanciano i missili Bastion su Odessa, rappresentando un pericolo per la resistenza ucraina a Sud. Non sembrano però esserci piani sul breve periodo per un attacco al ponte, che è un’opera colossale, lunga 19 chilometri: si tratta del ponte più lungo di tutta la Russia e anche dell’Europa.

 

 

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