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Vladimir Putin, la Germania la sua arma segreta: così Berlino aiuta i russi

Carlo Nicolato
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La Germania blocca il pacchetto di aiuti europei da 9 miliardi destinati all'Ucraina. La scusa semiufficiale, cioè quella che hanno voluto trapelasse, è il timore che tale soldi provengano dal debito comune europeo, cosa che mai è andata giù a Berlino nemmeno quando vi si è ricorsi per le misure anticovid. Tale mossa ha fatto imbestialire Zelensky già piuttosto contrariato per il fatto che Berlino è appena riuscita ad aggirare le sanzioni alla Russia convincendo il Canada a restituire a Gazprom la famosa turbina riparata dalla Siemens necessaria per far ripartire il North Stream 1. E dire che il presidente ucraino aveva appena fatto saltare il proprio ambasciatore a Berlino inviso al governo tedesco per le sue intemperanze verbali, come quando aveva definito il cancelliere Scholz "salsiccia di fegato offesa" per essersi rifiutato di recarsi a Kiev in seguito al no delle autorità ucraine alla visita del presidente Steinmeier. Sembra poi che la Germania nonostante le sanzioni sia perfino riuscita a incrementare le esportazioni verso la Russia, salite tra aprile e maggio, grazie al traino del settore farmaceutico escluso dall'embargo, del 29,4%.

 

 

SCHOLZ
A che gioco sta giocando la Germania? Da una parte Scholz si aggrega al carro della Nato, promette armi ed aiuti a Zelensky, va in visita a Kiev giurando sulla necessità della sconfitta di Putin, dall'altro lui e il suo governo fanno di tutto per mettere i bastoni tra le ruote dell'Europa, agevolando i ricatti dell'autocrate russo che ha buon gioco a evidenziare il fallimento dell'Occidente e delle sue politiche. Certo c'è la questione del gas, non è una novità che la Germania sia il Paese più esposto e che a causa delle sanzioni e delle contromisure russe rischia seriamente di rimanere senza energia il prossimo inverno. Il che significa peraltro non solo freddo nelle case dei tedeschi, ma anche e soprattutto chiusure a catena di industrie, fallimenti, come sta già succedendo per il gigante del gas Uniper, e quindi profonda recessione. L'opposizione al "price cap" - il tetto ai prezzi dei combustibili - sul gas voluto da Draghi è un altro favore che Berlino sta facendo a Putin proprio nel timore che quest' ultimo per ritorsione 0 chiuda definitivamente il rubinetto mandando la Germania col sedere per aria. Va da sé però che la cosiddetta 'locomotiva d'Europa' in questa situazione ci si messa da sola, scegliendo di affidare la gran parte delle sue risorse energetiche a un Paese che è una minaccia concreta per l'Europa da oltre 10 anni e che da almeno 7 si trova sotto pesanti sanzioni.

 

 

I SILENZI DI ANGELA
Nei suoi quattro mandati di governo Angela Merkel ha intessuto relazioni costanti e armoniose con Putin nonostante quest'ultimo abbia nel frattempo invaso la Georgia e l'Ucraina, prendendosi la Crimea, nonostante nel suo Paese abbia represso l'opposizione, avvelenato nemici politici, fatto incarcerare, o perfino uccidere, giornalisti. Non che Scholz abbia ereditato suo malgrado tale situazione in esclusiva dalla Merkel, prima di lei e durante i suoi cancellierati i compagni socialdemocratici - a partire da Gerhard Schröder, che dei russi è diventato un attivo collaboratore e lobbista - hanno costantemente intessuto rapporti economici e culturali ancora più profondi con Mosca perpetuando una affinità che dura da almeno due secoli, da quando lo Zar aiutò la Germania a liberarsi di Napoleone tra il 1812 e il 1815.

 

 

AMORE E ODIO
Tra alti e bassi, voltafaccia, tradimenti e riappacificazioni Mosca e Berlino non hanno mai smesso di fare affari e imbrogli a spese del resto d'Europa. Si pensi al patto Ribbentrop-Molotov o prima ancora al quasi dimenticato trattato di Rapallo (1922), stipulato in sordina mentre a Genova era in corso la conferenza fra 34 paesi, tra cui anche la Germania e la Russia, per stipulare un accordo sull'Europa dopo la Grande Guerra. Era un patto tra due nazioni affini e reiette, l'una sconfitta in guerra l'altra diventata bolscevica, che seppur nemiche durante il conflitto erano in realtà unite da quello che il giovane e ai tempi nazionalista Thomas Mann in "Considerazioni di un impolitico" aveva ancora definito «spirito antioccidentalle», il rifiuto del prevalere dell'individuo, la superiorità della società sulla comunità Qualcosa di cui la Germania non è ancora riuscita del tutto a disfarsi e che spiega il perpetuo ripresentarsi dell'insofferenza teutonica per l'egemonia anglo-americana sul mondo libero.

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