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Iran, il sonno boldrino: donne massacrate? Femministe italiane in silenzio

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Giovanni Sallusti
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Guardatele, queste persiane fierissime, incrollabili, straordinarie. Guardatele negli occhi, mentre si strappano quello che Oriana Fallaci chiamava «stupido cencio medievale» e lo bruciano, si tagliano i capelli davanti alla telecamera, urlano al mondo la loro consapevolezza di esseri liberi. Se cercate la lotta vera, perfino eroica, al patriarcato, la trovate lì, nell'Iran islamista e totalitario. Dove è prevista una "polizia religiosa" che punisce i trasgressori della sharia. Mahsa Amini era una di questi: dal suo velo spuntava una ciocca di capelli infedele, oscena, intollerabile. È stata arrestata, massacrata di botte e uccisa. La protesta, specie giovanile, è esplosa. La polizia spara sui manifestanti (ad ora sarebbero 5 le vittime), ma la rivolta libertaria non si placa. Una rivolta anzitutto in nome della dignità e dell'autodeterminazione della donna, che cade nel silenzio assoluto delle femministe nostrane.

 

 

 


Essì, lorsignorine sono impegnate da settimane a spiegarci il rischio di un'affermazione del fascismo patriarcale immaginario nel caso in cui vinca le elezioni l'unica donna leader di partito in Italia. È un compito che le assorbe a tal punto, da far loro perdere per strada le gesta delle donne iraniane, che contro l'effettivo patriarcato nazislamico mettono in gioco la vita.
Tace Michela Murgia, che aveva cazziato Giorgia Meloni in quanto «il suo modello di organizzazione dei rapporti è la scala e non la rete». Sul modello del manganello coranico, viceversa, si può soprassedere. Twitta Laura Boldrini, ma ancora contro lo spauracchio di tutte le femministe engagé: «Meloni, auspicando la vittoria di Vox, getta la maschera di moderata». Ci sarebbero anche quelle donne che stanno gettando in mondovisione il cencio maledetto, ma sarà per un'altra volta.

 

 


Non una sillaba nemmeno dalla nuova eroina dei tinelli progressisti, quella Elly Schlein che nel suo ruolo di spalla del maschio Letta aveva tuonato dalla Annunziata: «Non ce ne facciamo nulla di una leader donna, se non si batte per i diritti di tutte le altre donne». E della battaglia per l'esistenza delle ragazze iraniane, che ce ne facciamo?
Anche qui pare poco o nulla, non è una causa trendy all'aperitivo antifascista, anzi è pericolosamente in bilico sull'islamofobia reazionaria. Mutismo anche dalle indignate speciali di Repubblica (Natalia Aspesi e la schiera di nipotine) e dalle cantanti in crociata antimeloniana permanente, da Giorgia (l'altra) a Elodie. Forse qualcuna di loro non saprà collocare la Repubblica Islamica sulla carta geografica, certamente tutte condividono la priorità del femminismo petaloso italico: lotta dura alla donna sbagliata, Giorgia Meloni. Nessuno distragga dall'obiettivo, men che meno quelle donne che si ribellano ai femminicidi voluti da Allah. 

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