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Germania, pronta la tagliola anti-Italia: cosa rischia la Meloni

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Sandro Iacometti
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L'ultima trovata dei tedeschi è che mettere soldi in comune, come è stato fatto per il Covid, non è più conveniente. Capito? Non si tratta più di una questione di principio, o della preoccupazione di far pagare alle nazioni virtuose le colpe dei Paesi spendaccioni. No, la tesi spiegata dal ministro delle finanze Christian Lindner in un'intervista ad alcuni media tedeschi ripresa dal Financial Times è che «il vantaggio finanziario che la Commissione e molti stati speravano di ottenere dal debito comune europeo, rispetto all'emissione di debito su base nazionale, dati i tassi di interesse affrontati da Bruxelles, non esiste più». E comunque, ha proseguito, dovremmo smetterla «di sollevare l'idea di un prestito comune da parte dell'Ue a ogni occasione, ogni volta che abbiamo bisogno di maggiori investimenti». Insomma, ognuno sul gas e sulle conseguenze del caro energia dovrà cavarsela da solo. Che questo fosse il pensiero del governo di Berlino, dopo l'opposizione a tutte le misure per contenere i prezzi e il piano solitario da 200 miliardi, lo avevamo capito.

LA TRAPPOLA
Solo che ora c'è una novità. Il governo di Scholz, che perde colpi a livello geopolitico, con i rapporti sempre più freddi con la Francia di Emmanuel Macron, sta preparando una vera e propria trappola per gli stati più deboli, con l'Italia ovviamente nel mirino. Subito dopo aver spiegato che un recovery bis, sia pure nella forma del Sure chiesta da molti esponenti della Commissione Ue, non si farà, Lindner ha anticipato anche quale sarà la posizione della Germania sulla riforma del Patto di stabilità. Bruxelles presenterà la sua proposta il 9 novembre. E tra i vari punti chiave di modifica troverà spazio anche un percorso di rientro del debito negoziato in maniera bilaterale tra lo Stato membro e la Commissione, con successiva e necessaria approvazione del Consiglio Ue. Una scappatoia che potrebbe essere molto utile a chi, come noi, ha il rosso di bilancio che viaggio intorno al 150% del Pil. Ebbene, ecco il commento del ministro delle finanze tedesco: «Non è saggio avere accordi individuali sull'applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita, la credibilità del patto deriva dal fatto che le regole devono essere applicate da tutti, allo stesso modo». Nell'attuale contesto macroeconomico, caratterizzato da un elevato grado di incertezza, ha proseguito, «vi è la reale necessità di ricostruire le riserve finanziarie e di non alimentare ulteriormente l'inflazione. E tutti noi abbiamo la responsabilità che la situazione rimanga stabile».

CAMPO MINATO
Seguite il ragionamento: prima Berlino ci invita a fare debiti nazionali perché fare quello Ue non conviene, poi ci dice che si opporrà a qualsiasi soluzione ad hoc per chi ha dovuto fare debito aggiuntivo sulla base di quel suggerimento. La sostanza è che il blocco di Paesi guidato dalla Germania, che ancora detta legge in Europa, ci aspetta al varco. È questo il campo minato in cui dovrà muoversi nelle prossime settimane Giorgia Meloni. Da una parte la necessità di ribadire la fede europeista dell'Italia, dall'altra quella di disinnescare una serie di bombe che sono disseminate sul percorso. E non si tratta solo di conti pubblici e di gas. Allo stop dell'auto a benzina e diesel dal 2035 (che manderà a gambe all'aria l'intera filiera della componentistica italiana, impegnata per il 75% sui motori termici) e al famigerato nutriscore, l'etichetta semaforo che svantaggerà i prodotti del made in Italy (su cui fortunatamente è stata raggiunta una tregua di un paio di trimestri), negli ultimi giorni si sono aggiunti anche gli imballaggi. Una bozza di direttiva che circola a Bruxelles prevede, infatti, di voltare pagina sul riciclo, su cui abbiamo fatto ingenti investimenti e abbiamo raggiunto risultati ben più alti degli obiettivi Ue (siamo al 73% rispetto al 65 chiesto entro il 2025). I vincoli non solo diventeranno più stringenti, ma si punterà di più sul riutilizzo degli imballaggi. Impatto stimato sull'Italia: 6 milioni di occupati e 700mila imprese a rischio.

La speranza della Meloni è quella di riuscire a creare un asse con la presidente Ursula von der Leyen e con tutti quei Paesi a cui il comportamento isolazionista della Germania sta iniziando a far storcere il naso. La missione non è impossibile, anche perché Berlino non sembra voler rinunciare alla sua navigazione in solitaria. Anche sul fronte ambientale la svolta è netta. Dopo aver evitato di chiudere le sue centrali nucleari e aver ripreso a produrre energia dal carbone, lo stesso Lindner nell'intervista ha addirittura aperto alla estrazione di gas di scisto utilizzando il fracking (tecnica vietata in Germania dal 2017). Per Linder la fratturazione idraulica è una tecnica «responsabile» sul piano dell'ecologia e sarebbe «piuttosto irresponsabile astenersi dal fracking a causa di impegni ideologici». Ragionamento che potrebbe essere anche condivisibile in linea di principio. Ma chi glielo dice alla von der Leyen e ai talebani del green deal?

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